Staminali, ‘trattamenti senza garanzie condivise’

Per medici e ricercatori dell'Università di Brescia, il metodo Stamina "non può offrire concreta prospettiva di cura". "Sentenze non sostituiscono regole scientifiche".

(red.) Da diversi mesi è in corso negli organi di stampa, nelle trasmissioni televisive di opinione, nei siti internet e nelle riviste scientifiche una accesa discussione sul tema del trattamento non sperimentale con cellule staminali mesenchimali, condotto presso gli Spedali Civili di Brescia su richiesta del medico prescrittore in singoli casi selezionati, non responsivi ad altre terapie (ai sensi del DM 5/12/2006), utilizzando il protocollo della Fondazione Stamina.
Nella imminenza della discussione in Parlamento sul Decreto Balduzzi relativo alla sperimentazione del metodo Stamina, i Medici e i Ricercatori dell’Area di Medicina della Università degli Studi di Brescia desiderano esprimere la loro opinione, “sperando che il loro intervento possa incidere sulle decisioni parlamentari e, allo stesso tempo, fornire un sostegno alla Direzione degli Spedali Civili di Brescia, esposta a forti e contrastanti pressioni”.
“Il trattamento che la Fondazione Stamina attua su malati affetti da diverse patologie neurodegenerative”, si legge in una nota, “e che molte voci provenienti dall’opinione pubblica vorrebbero fosse esteso ad altre malattie non risponde a nessuna delle linee guida tracciate dalla società internazionale che si occupa specificamente di questo tema (Hyun I et al. New International Society for Stem Cell Research guidelines underscore major principles for responsible translational stem cell research. Cell Stem Cell 3:607-9, 2008) e, più in generale, ai principi scientifici cui come Medici e Ricercatori facciamo riferimento nella pratica clinica e nella attività di ricerca”.
“Allo stesso modo”, continuano medici e ricercatori bresciani, “riteniamo che i pronunciamenti giudiziari non possono sostituire le regole e il metodo scientifico. Infatti, una Medicina che ha il dovere di basarsi su evidenze e prove scientifiche trasparenti e condivise, non può essere condizionata dalle pur comprensibili richieste dei malati e dei loro familiari, la cui sofferenza certamente merita di essere rispettata e alleviata con ogni mezzo legittimo. Tuttavia, il coinvolgimento emotivo, talora drammatico, dei malati e dei loro familiari, ai quali va tutta la nostra comprensione ed empatia, non può trovare risposte da trattamenti senza regole, la cui efficacia e sicurezza non sono state adeguatamente valutate fino a questo momento secondo procedure pienamente accettate e condivise in tutto il mondo”.
“In attesa di poter disporre delle necessarie prove di efficacia e sicurezza, condividiamo pertanto le argomentazioni che prestigiosi Ricercatori (Bianco P et al. Regulation of stem cell therapies under attack in Europe: for whom the bell tolls. EMBO J 114:1-7, 2013), anche attivi per anni presso la nostra Università ed Ospedale (Notarangelo LD. Into the wild – the use and abuse of stem cells in clinical practice. Am J Hematol, 2013 – on line), hanno recentemente pubblicato sulla problematica e che concordano nel ritenere che, nonostante le cellule staminali mesenchimali possano essere utili per lo sviluppo futuro di trattamenti di malattie incurabili, al momento attuale mancano i dati scientifici necessari per utilizzarle a scopo terapeutico, seppur compassionevole”, affermano gli studiosi.
Per i medici e ricercatori dell’Università di Brescia,“allo stato attuale delle conoscenze la terapia proposta dalla Fondazione Stamina, priva di dati sperimentali che ne garantiscano la efficacia e soprattutto la sicurezza, non può offrire una concreta prospettiva di cura. Esprimiamo inoltre la nostra preoccupazione sul fatto che le energie profuse dalle strutture di laboratorio e di cura impegnate nella applicazione della terapia Stamina abbiano l’effetto di pregiudicare l’assistenza e la disponibilità di risorse, come sappiamo non illimitate, penalizzando Malati per i quali sono in atto o in programma trattamenti basati su solide evidenze scientifiche, applicabili a malattie in molti casi altrettanto gravi, ma per le quali fortunatamente esiste una reale possibilità di guarigione o di miglioramento”.
“Confidiamo pertanto”, conclude la nota, “che le autorità governative e la società civile tengano conto della delicatezza e delle implicazioni che la questione impone e che, evitando prese di posizione ideologiche, tutelino tutti i malati nel rispetto delle regole e dei pareri di Enti regolatori e della Comunità Scientifica”.

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