Figlio non registrato, non si perde la patria potestà

La Consulta ha accolto il ricorso della Corte di Cassazione per la vicenda di una coppia di Brescia che aveva dichiarato la nascita di una bambina oltre i termini di legge.

(red.) Non perde la patria potestà il genitore che sia condannato per soppressione di stato, cioè per non avere dichiarato la nascita di un figlio nei tempi previsti. E’ quanto ha sancito la Corte Costituzionale in una sentenza depositata questo mercoledì e che fa riferimento al caso di una coppia bresciana che non avrebbe registrato “in tempo” la figlioletta, nata il 13 ottobre del 2000.
La storia della “bimba fantasma”, che ora ha 12 anni, è venuta alla luce solo otto anni fa, quando i genitori, entrambi sposati e con famiglia, decidono, dopo quattro anni di clandestinità in cui avevano tenuto la creatura frutto del loro amore segreto (la piccola era nata con un parto in casa e non aveva frequentato nè asilo nido, nè scuola materna) di registrare la figlia all’anagrafe.
E’ scattata dunque, come di prassi, la denuncia dall’ufficio per soppressione di Stato e i due genitori sono stati condannati, pena poi indultata, dal tribunale, che aveva anche sancito la decadenza della partia potestà. Da qui il ricorso e la sentenza di mercoledì.
La vicenda è giunta in Cassazione e la Suprema Corte
si è rivolta alla Consulta, che ha ritenuto fondata la questione. La perdita della potestà genitoriale per genitori che non dichiarino all’ufficiale di stato civile la nascita di un figlio entro il termine di legge, rappresenta, secondo i giudici relatori, una pena accessoria che coinvolgerebbe il figlio minore e risulta in contrasto con 2 articoli della Costituzione, il n. 3 e il n. 117.
La Consulta, accogliendo il ricorso promosso dalla Corte di Cassazione, dichiara ”l’illegittimità costituzionale dell’articolo 569 del codice penale, nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di soppressione di stato, previsto dall’articolo 566, secondo comma, del codice penale, consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell’interesse del minore nel caso concreto”.

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