Lega, si apre la guerra per la successione

Dopo le dimissioni di Umberto Bossi si apre la disfida tra "cerchisti" e "maroniani", ma anche tra lombardi e veneti. Il "triumvirato" è considerato debole.

(red.) Tutti contro tutti. Il passo indietro di Umberto Bossi dà il via alla guerra di successione nella Lega Nord: cerchisti contro maroniani (e viceversa), base contro dirigenti ma anche veneti contro lombardi. Il ‘comitato’ Calderoli-Maroni-Dal Lago dovrà reggere fino al congresso subito dopo l’estate. Ma l’autunno è troppo lontano e già ci si interroga su chi sarà il nuovo leader leghista.
Maroni appare in pole position: può contare su un numero alto di militanti e da sempre viene visto come l’erede politico del senatur. Gli manca però l’investitura ufficiale di Bossi, con il quale negli ultimi mesi i rapporti sono stati tesissimi.
E deve fare i conti con quella parte della base che oggi lo ha contestato in via Bellerio con dei volantini che rappresentavano il ‘bacio di Giuda’ ed una foto di un abbraccio di ‘Bobo ad Umberto’. I ‘cerchisti’ sono rimasti sorpresi dalle dimissioni di Bossi che, a loro dire, fino a giovedì sera le aveva escluse.
I maroniani, intanto, promettono un ‘repulisti’ interno al partito: l’intenzione è cacciare i cerchisti, indicati come i responsabili dei guai giudiziari del partito e della famiglia Bossi. ”Fuori i mercanti dal tempio”, gridano i ‘barbari ribelli’ ricorrendo ad un’altra citazione biblica.
In difficoltà è Roberto Calderoli. Coordinatore nazionale di tutte le segreterie regionali del partito, avrebbe tutti i numeri per aspirare alla guida della Lega. Il suo nome però è spuntato fuori dalle carte dell’inchiesta che coinvolge la Lega, cosa che lo mette in una posizione difficile.
Defilata, invece, la posizione di Manuela Dal Lago. Il nome della deputata veneta sarebbe spuntato all’ultimo momento per la formazione del ‘comitato’ al posto di quello del segretario della Lega Lombarda Giancarlo Giorgietti. La scelta della ex presidente della Provincia di Vicenza verrebbe incontro alla necessita’ di rappresentare l’ala veneta del partito, comunque in minoranza rispetto ai lombardi Maroni e Calderoli.
Il Carroccio, differentemente da quel che generalmente si pensa, è più forte in Veneto che in Lombardia. Sarà per questo che la cerchista Paola Goisis chiarisce che dopo Bossi ”i veneti diranno no ad un altro segretario federale lombardo”.
Indicativa anche la scelta di Stefano Stefani come nuovo segretario amministrativo federale al posto di Belsito. Il deputato, non a caso veneto, appare equidistante dalle fazioni interne e fedelissimo ad Umberto Bossi: la sua nomina ricorda per qualche aspetto quella del capogruppo alla Camera, il veneto Gianpaolo Dozzo, dato però in avvicinamento all’ala marioniana.
Nuovi componenti del Comitato amministrativo federale saranno la maroniana Silvana Comaroli e Roberto Simonetti. Quest’ultimo è presidente della Provincia di Biella in rappresentanza del Piemonte e dell’area vicina a Roberto Cota.
In questo panorama il comitato scelto dalla segreteria nazionale della Lega per reggere il partito sembra fragile.
Ricorda il ‘triumvirato’ di Cesare, Pompeo e Crasso. Ovvero una soluzione di apparente equilibrio che apre la strada ad una guerra interna che rischia di portare il Carroccio al collasso.
Con Umberto Bossi relegato al ruolo di ‘padre nobile’ del partito. la Lega si presenta alle elezioni amministrative dove si gioca tutto il suo futuro.

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