Ercole e le dodici fatiche di Arcai

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    santagiuliamini.jpgL'assessore parla della mostra gemella di Matisse: "Giudizio ingiusto il vostro".


    santagiuliaaerea.jpg(red.) Dopo l'articolo su Matisse, la replica dell'assessore alla Cultura di Brescia, Andrea Arcai, e quella del direttore artistico di Brescia Musei, Maurizio Bernardelli Curuz, quiBrescia.it ha deciso di dare nuovamente spazio all'assessore, che questa volta ha parlato della mostra di Ercole.

    Egregio direttore,
    come anticipato, le invio queste mie riflessioni in quanto non condivido assolutamente quanto affermato nell’articolo su Matisse in relazione alla mostra "Ercole il fondatore dall’antichità al rinascimento" a firma "v.p.". In tale articolo si legge, infatti, "Sulla mostra gemella dedicata all’improbabile leggenda di Ercole fondatore della città, vale la pena spendere solo qualche parola: inutile e confusa, non rappresenta nulla". Ritengo tale giudizio profondamente ingiusto e, sinceramente, immeritato e, soprattutto, totalmente disancorato da una seria ed approfondita conoscenza della storia della nostra città. arcaiandrea2.jpg
    La tradizione di Ercole fondatore di Brescia risale – almeno per quanto ci è dato di conoscere – a Jacopo Malvezzi e al suo Chronicon, una delle opere fondamentali della storia di questa città, scritta intorno al 1450. Tale tradizione viene ripresa da altri eruditi bresciani, come Elia Capriolo e Ottavio Rossi che scrivono nel XVI e nel XVII secolo. Si tratta ovviamente di una tradizione erudita e non documentabile storicamente: non è infatti possibile provare che un eroe "mitico" come Ercole fosse venuto a porre la prima pietra di Brescia, quando si sa bene che il nostro leggendario fondatore, proprio perché "mitico", non è mai esistito.
    Questo è evidente a tutti: una volta a scuola chi non comprendeva tale lezione (e una mostra può ben essere considerata una vera e propria lezione da un punto di vista storico-didattico) veniva spedito dietro la lavagna e gli veniva messo in testa un buffo cappello con due lunghe orecchie, simili a quelle di un asino. Per fortuna i tempi sono cambiati e si può rimediare ristudiando la lezione, che può essere così riassunta: di fatto il recupero della tradizione erudita di Ercole "mitico" fondatore di città (oltre a Brescia ricordo Rimini e Strasburgo) dal punto di vista culturale, è importante per la città, tanto perché si basa su contributi e studi filologici nuovi, quanto perché questa tradizione, per leggendaria che sia, motiva molte espressioni archeologiche e artistiche bresciane, dall'antichità classica al Rinascimento, alcune delle quali presenti in mostra.
    Basti pensare che sino al Settecento i palazzi nobiliari vennero decorati con storie e fatiche dell'eroe. La mostra di Ercole nasce e si sviluppa, quindi, anche con una preoccupazione didattica vera e non retorica e populista: fare conoscere sempre di più la città archeologica e i materiali conservati nei Musei di Santa Giulia, dai quali provengono la Clava colossale di Ercole, l'anfora di Psiax, l'importante moneta di Sigismondo III Malatesta, le bellissime placchette di bronzo rinascimentali, e altre opere che non vengono normalmente esposte per ragioni di spazio o, anche se lo sono, magari non attirano lo sguardo dei visitatori comuni, attratti da opere più famose.
    Al problema della valorizzazione dei Musei sopperisce – nel lilmite del possibile – la stessa mostra di Ercole, come le mie collaboratrici che si occupano di didattica scolastica hanno con grande cura ed competenza sottolineato. Sempre nell'ottica della valorizzazione dei musei e delle collezioni annesse, potrei aggiungere che nell'arco dello scorso anno sono stati restaurati poco meno di 120 dipinti della Pinacoteca Tosio Martinengo di cui trenta studiosi, non solo italiani, stanno curando il primo volume del Catalogo Generale: tutte iniziative molto importanti, che rilanciano la cultura di questa città, in modo non spettacolare, silenzioso e concreto: il tutto senza cercare gli effetti populisti voluti dalla precedente amministrazione. Per quanto riguarda la cultura, prima si fa e poi si annuncia: questo è il mio stile di lavorare e non mi dispiace se si tratta di un modo di agire che non piace ai giornalisti, sempre alla ricerca spasmodica di notizie.
    Ricordo, poi, che nella mostra di Ercole – sezione diciamo così "storica" – dedicata al mito dell'eroe, sono presenti alcuni capolavori che farebbero invidia ai maggiori musei stranieri: a cominciare dall'Ercole e l'idra di Pollaiolo, prestato dalla galleria degli Uffizi (o ancora in mente gli occhi lucidi del vice-direttore degli Uffizi, quando ci affidò tale immenso capolavoro, pregandoci di trattarla come se fosse un nostro figlio prediletto), al bronzo di Ercole Curino, alla coppa d'argento del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, opere di un livello che Brescia – con tutte le sue "grandi" mostre – ha raramente raggiunto.
    Da ultimo vorrei far notare che anche la levatura dei membri del Comitato Scientifico della Mostra di Ercole, sul quale mi piacerebbe che il giornalista del Vostro quotidiano si esprimesse per confutarne l'effettiva e notoria capacità scientifica e professionale, è tale da avere ottenuto il riconoscimento del Presidente della Repubblica, che non viene certo concesso a tutte le iniziative espositive che pullulano in Italia o, in ogni caso , ad una mostra che dovrebbe essere , a detta del Vostro quotidiano, "inutile e confusa" e che "non rappresenta nulla".
    Mi dispiace, francamente, che un quotidiano on line come https://www.quibrescia.it/ abbia espresso un giudizio palesamente errato su due "grandi" mostre come quella di Matisse e di Ercole e sono pronto a confrontarmi in un dibattito pubblico con l'articolista sulla valenza delle mostre stesse, offrendo le mie dimissioni definitive ed irrevocabili da assessore alla Cultura contro le dimissioni altrettanto definitive e irrevocabili dell'articolista "v.p." come giornalista.
    Cordiali saluti., Andrea Arcai.


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    La risposta di quiBrescia.it.
    Come l’assessore Arcai sapientemente ci spiega, le invenzioni che riguardano mitiche fondazioni delle città da parte di improbabili semidei risalgono soprattutto al periodo tra l’XI e il XIV secolo.
    I motivi si studiano alle superiori. Con la valorizzazione del localismo figlia dello sgretolamento dei poteri centrali e dello sviluppo dei comuni, le città avevano bisogno di una storia, di antiche radici e di simboli che ne rafforzassero l’immagine e la presenza. Da qui il proliferare delle favole sugli eroi fondatori.
    Qualche secolo più tardi, all’epoca delle Signorie, ci fu una nuova tornata: le famiglie arricchite che non avevano antiche origini se le inventarono e così fecero anche le città
    Come sa bene qualunque studente del ginnasio, celebrare la minuscola influenza culturale in provincia di queste leggende partorite dalla fervida fantasia di un erudito, ha un valore artistico che quasi sempre è pari a zero, proprio come quello storico.
    Per fortuna, nel caso di Ercole qualcosa di interessante ci è stato prestato da un paio di importanti musei.
    Se anziché uomo di politica fosse uomo di cultura, anche Arcai vivrebbe quindi con meno enfasi il riflesso del presunto passaggio di Ercole da Brescia e sarebbe d’accordo con noi: l’eroe viene infatti considerato fondatore di decine di città e paesotti che non ha senso elencare per non annoiare i lettori.
    Non abbiamo notizie di grandi celebrazioni, ma ognuno si comporta come vuole. Un amministratore preposto alla cultura fa le proprie scelte, anche se poi – poiché spende soldi della collettività – deve accettare le perplessità altrui.
    Arcai ci ricorda invece dalla sua cattedra che il mitico Ercole non è mai esistito e ci vuole mandare dietro la lavagna a indossare l’antico copricapo con le orecchie d’asino che fa parte dei suoi ricordi di scuola.
    Una punizione così severa solo perché non ci uniamo all’interessato coro degli apprezzamenti per la sua piccola-grande mostra che lascia perplessi molti bresciani?
    Evidentemente l’assessore non ama il contraddittorio, che invece è il sale della società civile, tant’è vero che quiBrescia.it ospita senza censure le sue esternazioni e quelle dei suoi collaboratori.
    Su una cosa vogliamo però rassicurare la task force della cultura bresciana: non abbiamo scoperto oggi la storia della nostra città e confermiamo l’opinione che la mostra su Ercole rappresenta poco o nulla.
    E’ un’opinione, ripetiamo, anche se meditata e motivata. Noi possiamo permettercela: facciamo i cronisti, viviamo del nostro lavoro, dobbiamo rispondere solo alla nostra coscienza e ai nostri lettori. Non siamo uomini o donne di cultura alle dipendenze del pubblico, né politici.
    Ma vogliamo anche garbatamente invitare l’assessore a stare attento quando parla di dimissioni. A volte l’autorevolezza di un comitato scientifico non basta a garantire il valore di una scelta e a mettere al riparo da critiche o da brutte figure.
    Soprattutto quando la scelta va in una direzione opposta rispetto alle promesse preelettorali.

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