Marco Fenaroli: “Le provocazioni non vanno accettate, ma l’insulto va bandito”

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(red.) “Il CSM ha licenziato un documento che richiede al Governo di tutelare i giudici “dal rituale attacco” di cui sono oggetto. Questa pratica denigratoria contro la Magistratura indipendente contribuisce al discredito della politica, sempre più spesso intesa come luogo del privilegio e dell’impunità”.
E’ quanto scrive Marco Fenaroli, candidato per la lista Fenaroli-Al lavoro con Brescia.  “Questa politica tesa al solo vantaggio personale sta in un repertorio nel quale va ricompreso l’insulto alla povertà, l’ostentazione del lusso, la giustificazione dell’evasione fiscale, la legittimazione della corruzione, la convivenza con la criminalità organizzata. Questi fenomeni determinano per larga parte l’arretratezza del nostro Paese: la destra li tollera, a volte li rivendica; per questo risulta inadeguata all’opera di cambiamento necessaria per uscire dalla crisi. Ora dicono che sono venuti a Brescia per sostenere Paroli sindaco, in realtà la motivazione della loro presenza era il grido contro la condanna subita dal loro leader qualche giorno prima”.
L’insuccesso della manifestazione non può essere addebitato né al candidato bresciano, né alla contestazione. “Ogni questione sociale, politica o morale viene trasformata dalla destra in questione di ordine pubblico: è incapace di ragionare sulle ostilità che incontra. Vorrebbe che la sua violenta campagna contro l’indipendenza della Magistratura incontrasse solo simpatia, oppure distacco e silenzio. Il clima politico è invece occupato dall’indignazione, le prepotenze sono sempre meno tollerate, soprattutto da parte di chi non ha accesso a strumenti mediatici per far valere le proprie rimostranze. La risposta della parte di Brescia che non si ritrovava nel “tutti con Silvio” è stata data nella mattina di sabato con il presidio davanti al Tribunale. Faccio notare la stridente volontà totalitaria della destra, che, pur parte, non sempre maggioritaria, si pretende totalità, popolo, nord”.
Per Fenaroli, in piazza, a contestare, non c’erano i soliti noti. “Non ho visto organizzazione; le bandiere non dicono della presenza dei partiti, ma certo di loro attivisti; mi chiedo: dovevano essere respinti fuori dalla piazza? Penso che le conseguenze sarebbero state pessime. Sbaglia il Sindaco, oggetto secondario delle contestazioni, ad usare un armamentario propagandistico fuori luogo per tentare di descrivere chi si è trovato contro; capisco che è problematico avere un “nemico” non riconoscibile, dovere fare i conti con un’avversione tanto forte, quanto immediata. Anche a sinistra ci si deve interrogare sul perché in tanti hanno preferito la contestazione diretta rispetto al difficile impegno della battaglia delle idee, che non contende lo spazio fisico, ma quello dei principi democratici, della moralità, del rispetto della legalità costituzionale. Una politica in difficoltà scarica sulle forze dell’ordine proprie responsabilità e propri problemi: penso che si imponga un ragionamento che non escluda le ragioni di chi si ribella, che si interroghi quali vie debba prendere la lotta politica”.
Le persone, anche gli avversari, vanno rispettate, l’insulto va bandito dallo scontro politico, ma lo scontro si impone quando sono in gioco i principi ed i doveri che garantiscono la convivenza democratica. “Mi hanno insegnato che le provocazioni non vanno accettate, ma questo impone che vadano denunciate, altrimenti in politica, con questa destra nostrana, torna sempre in scena la favola del lupo e dell’agnello”.

 

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