Alzheimer e aspetti giuridici, un incontro a Brescia

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(red.) L’Associazione Alzheimer Brescia Antonia Biosa organizza Sabato 06.04.2013, dalle 15 alle 17,30, il prossimo Alzheimer Cafè presso la sede in via del Gallo 22/24 (ingresso dal 26) al quartiere San Bartolomeo, Brescia, con il patrocinio della Fondazione Casa di Dio.
Oggetto dell’incontro sono gli “Aspetti giuridici della demenza Alzheimer e  Istituzioni: cosa si fa e cosa si potrebbe fare”. Tratterà il tema l’Ospite dell’incontro, Avv. Riccardo Montagnoli,  avvocato dello Stato a Brescia.
Non esiste nel nostro Paese una politica d’interventi socio assistenziali specifica per l’Alzheimer e le altre patologie collegate all’età; le leggi che contemplano i principali interventi socio assistenziali    (L. 118/1971, L. 18/1980, L. 104/1992, D. L.vo 502/1992) riguardano in generale le persone portatici di handicap o comunque affette da patologie che le rendano totalmente o parzialmente inabili all’attività lavorativa e/o bisognose di assistenza nella vita quotidiana. Scorrendone le disposizioni, tuttavia, si può constatare che esse per lo più presuppongono o la temporaneità dell’invalidità o almeno la possibilità di inserire l’inabile nel mondo della scuola, del lavoro, dello sport, etc.. Nulla a che vedere con chi si trova a vivere una condizione irreversibile come quella di un malato di Alzheimer.
Eppure se per le altre patologie è per lo più ipotizzabile la possibilità di una riabilitazione o comunque di attenuarne le conseguenze sociali, l’Alzheimer si caratterizza al contrario per essere una patologia che proprio sul versante sociale manifesta le sue principali conseguenze: il malato di Alzheimer non prova dolore fisico, spesso non subisce diminuzioni della capacità fisica, almeno nelle prime fasi della malattia, ma per contro perde la capacità di relazionarsi con conoscenti, amici e parenti. Di qui la difficoltà di discernere tra l’assistenza sanitaria e la cura personale nei confronti di un malato di Alzheimer, difficoltà che ha condotto anche a discussioni tra famiglie ed istituzioni sociosanitarie circa il riparto degli oneri relativi: infatti l’assistenza sanitaria è assicurata gratuitamente dal SSN, mentre la cura personale, l’assistenza sociale ed altre prestazioni non strettamente definibili come terapia possono essere in tutto o in parte a carico del paziente.
La giurisprudenza non è intervenuta frequentemente, almeno fino ad oggi, su questioni specificamente legate alle prestazioni in favore di malati di Alzheimer. Una prima pronuncia significativa è Cass. 17.6.2010, n. 14642: il tutore di un malato di Alzheimer, che era stato riconosciuto bisognoso di ricovero dall’Unità di valutazione geriatria, sosteneva che ciò fosse sufficiente per fondare un vero e proprio diritto al ricovero in una RSA, a spese del SSN. La Corte di cassazione ritenne invece che il parere positivo dell’UVG sia condizione necessaria, ma non sufficiente per fondare il diritto al ricovero, che presuppone anche la corrispondente disponibilità di bilancio da parte dell’ente preposto (l’ASL).
Con un’altra più recente sentenza la Corte di cassazione è tornata ad occuparsi di Alzheimer: si tratta di Cass. 22.3.2012, n. 4558, che si è occupata di una controversia tra un Comune veneto e i parenti di un paziente, i quali disputavano su chi dovesse ricadere l’onere del ricovero in istituto. Il Comune sosteneva che poiché l’istituto forniva prestazioni sia sanitarie che assistenziali, la parte relativa a queste ultime poteva restare a carico del Comune solo in caso di indigenza dell’assistito; i parenti sostenevano invece che l’intero costo del ricovero e della corrispondente assistenza doveva essere coperto dal Comune, giacché le prestazioni assistenziali avevano natura accessoria rispetto a quelle sanitarie in senso stretto. La Corte di cassazione accoglie questo secondo punto di vista, affermando che nel caso in cui siano erogate congiuntamente prestazioni socio assistenziali e prestazioni sanitarie, l’attività va ritenuta comunque di rilievo sanitario e come tale coperta dal SSN.
Questi dibattiti dimostrano quanto angusta resti la visione della malattia di Alzheimer (e per il vero della malattia in generale) nella legislazione italiana.
In prospettiva futura, occorrerebbe partire dalla duplice considerazione che le concrete necessità di un malato di Alzheimer variano in funzione non solo della sua condizione fisiopsichica, ma anche del contesto socio familiare in cui vive e che la presenza di un malato di Alzheimer provoca ricadute pesanti non solo sul paziente medesimo, ma anche, e forse soprattutto, sui suoi care-givers, di solito i familiari.
Sul piano pratico ciò dovrebbe indurre da un lato a prediligere un approccio socio assistenziale individualizzato, vale a dire che le istituzioni preposte dovrebbero predisporre un progetto assistenziale individuale per ciascun paziente, garantendogli la tipologia di prestazioni (sanitarie, assistenziali o le une e le altre) e solo quella di cui egli necessita effettivamente; dall’altro ad imprimere un carattere più partecipato all’assistenza socio sanitaria, nel senso di attribuire un ruolo significativo, accanto agli operatori sociosanitari, anche al paziente ed alla sua famiglia per quanto concerne le scelte, terapeutiche, assistenziali ed organizzative.

 

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