Guastaroba. Cecilia Guastaroba: l’arte di vestire i cambiamenti

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a cura di Nino Locastro

  
In alto, sotto il titolo: Spaventarsi, 2000. Ecco il commento dell'artista: "All'improvviso, da un oggetto qualsiasi o nel bel mezzo di un giorno normalissimo appare qualcosa di anomalo, qualcosa che porta i segni di una estraneità alla vita comune: è qualcosa che dà risposte, è solo un'ombra che è passata".

L'artista
Cecilia Guastaroba è nata nel 1967 ed è entrata a far parte del mondo dell'arte nei primi anni '90, dopo aver frequentato la scuola d'arte di Guidizzolo (Mn), e in seguito l'accademia di Brera. E' proprio a Milano che Guastaroba ha cominciato il suo itinerario, appena uscita dal corso di pittura di uno dei docenti più importanti presenti all'accademia: Luciano Fabro. Tra le esperienze giovanili, quella di aver avuto come docente un mostro sacro della storia dell'arte italiana degli anni '60-'70 è stata molto importante per la sua evoluzione. L'aspetto formale delle sue opere infatti rispecchia una grande cura realizzativa, probabilmente ereditata dagli insegnamenti del suo maestro concettualista. Per vedere il suo lavoro esposto a Brescia, Guastamacchia ha dovuto aspettare il 1990, con una personale organizzata nell'ex chiesa di San Zenone. In seguito alcune sue opere sono entrate nei cataloghi di importanti collettive tra Milano, Torino, Bergamo, Verona e Genova. Tra le gallerie che hanno ospitato il lavoro di Guastaroba, spiccano i nomi della Campo Blu di Milano, della Care of di Cusano Milanino e della galleria d'Arte e di Vetro di Bergamo. In quest'ultimo scorcio di secolo la sua attività artistica si è molto intensificata: dall'87 a oggi Guastaroba ha infatti esposto da Reykjavic (Islanda), alla chiesa del Carmine di Siracusa, passando per la casa della Cultura di Milano, il convento dei Celestini di Bergamo e diverse gallerie di successo.

Sopra a destra: Scarpette rosse, 1998. Dice l'artista: "Le scarpette rosse di Handersen punivano la ragazza vanitosa, ora sono legate non possono più nuocere. Eppure l'orologio continua a girare senza fermarsi mai, non segna più l'ora (le lancette sono bloccate), le scarpette dondolano senza sosta"

Qui sopra a sinistra: Legami personali, 1994. Ecco il commento dell'artista: "Due sagome di panno lenci nero si stagliano dentro due cornici; le forme individuano profili umani, potrebbe essere chiunque. Il filo che le collega non è aggiunto, è ritagliato a intarsio nello stesso panno, un unico pezzo di stoffa per entrambi i personaggi".
Qui sopra a destra: Sonno, 1996. Dice l'artista: "Che sonno! Un sonno così pesante che ti sprofonda nel cuscino; la testa imbottita, ovattata è scomparsa: finalmente si dorme!"

Le sue opere
Il lavoro di Cecilia Guastaroba si muove a cavallo tra il sogno e il mondo dell'empirico, nel corso degli anni le immagini e gli spazi delle sue opere raccontano, attraverso oggetti di uso comune, una realtà immaginaria.
Le sue installazioni nascono dallo spazio e per lo spazio, definito dall'artista "il luogo dell'azione e dell'essere", dove gli interrogativi profondi che muovono la sua opera prendono forma. Amante del teatro e di tutto ciò che gli gira intorno, Guastaroba dà molta importanza alla fase realizzativa dell'opera, attribuendo alle sue installazioni il carattere di evento. Secondo l'artista bresciana, infatti, un'opera vive nel momento in cui è creata e coinvolge in sè tutti coloro che ne fruiscono: lo spettatore si trova all'interno del suo spazio e non può far altro che essere pervaso da una sensazione di inquietudine. Per esempio il fatto che le sue "Scarpette rosse" siano fatte di stoffa, crea un immediato contrasto tra la forma e la funzione dell'oggetto: la forma è riconoscibile, ma l'oggetto non può essere usato. Spesso i lavori di Guastaroba girano intorno all'immagine del corpo: gli ultimi, in particolare partono da questa forma per poi evolversi in qualcosa di etereo, di mentale. In questi ultimi prodotti l'artista utilizza la stoffa, cucita da lei stessa a macchina, per creare degli strani abiti: le sue forme partono dalla riconoscibile figura umana, per poi diventare qualcosa d'altro. Si vedano le opere "Psiche" e "Spaventarsi", nelle quali è proprio questa trasformazione, metafora del continuo divenire delle persone, delle civiltà o più in generale del tempo, che prende forma, sempre però in termini poetici o quantomeno mai distante da un preciso canone estetico. Sembra che la funzione della sua opera sia proprio questa. Lei stessa afferma: "Il mio operare è sulla trasformazione, io rilevo i cambiamenti e li trasformo in lavori". Le didascalie delle immagini sono scritte dall'artista stessa, per dare un input a coloro che vogliono "entrare" un pò più in profondità nell'opera .

Cecilia Guastaroba vive e lavora a Brescia. Per contattarla, telefonare allo 030 2428060.

Qui sopra: nuvole in viaggio, 1998. Dice l'artista: " Le nuvole sono entrate nella stanza, passano sopra di noi e catturano immagini del mondo, riflessi della vita sulla terra con il distacco con cui si guarda la guerra in televisione".
Sotto: Psiche, 1994, villa Mazzotti – Chiari.

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