Metalli pesanti nel torrente, sequestrata a Odolo una discarica autorizzata

La società che dal 2005 gestisce l'impianto non avrebbe rispettato le prescrizioni provocando così l’inquinamento delle acque e dei sedimenti del Rio Vergomasco. Si indaga anche per inquinamento ambientale.

Discarica sequestrata Odolo

Odolo. I Carabinieri Forestali della Stazione di Vobarno stanno dando esecuzione in queste ore ad un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Brescia con cui viene disposto il sequestro di un’intera discarica autorizzata situata nel comune di Odolo, che occupa una superficie di oltre 15 ettari, nonché dell’impianto di raccolta e trattamento del percolato a servizio della stessa.
La discarica, avviata nel 1988 per lo smaltimento delle scorie prodotte dalle varie acciaierie presenti sul territorio odolese, ospita più di due milioni di tonnellate di rifiuti con i quali è stata completamente colmata la valle dove scorreva il torrente Rio Vergomasco, del quale rimane ormai solamente un breve tratto della lunghezza di circa 300 metri.
In base a quanto emerso dalle indagini svolte dai Carabinieri Forestali di Vobarno, coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica Donato Greco, la società consortile che gestisce il sito di smaltimento sin dal 2005 non avrebbe rispettato le prescrizioni contenute nel provvedimento amministrativo che ne autorizza l’esercizio, provocando così l’inquinamento delle acque e dei sedimenti del Rio Vergomasco, dove è stata rilevata la presenza di metalli pesanti quali piombo, zinco e cadmio in misura superiore alle concentrazioni soglia di contaminazione fissate dalla legge.
L’impianto di trattamento del percolato – che la società avrebbe dovuto dimensionare in modo da garantire la depurazione delle acque di dilavamento dell’intero sito di smaltimento, compresa dunque la porzione realizzata prima del suo subentro – non ha infatti capacità sufficiente a raccogliere tutti i reflui prodotti dalla discarica, una parte dei quali viene dunque abusivamente riversata nel torrente tramite due tubazioni di scarico non autorizzate.
Per queste ragioni l’amministratore unico della società, nei confronti della quale sono già state avviate le procedure amministrative finalizzate alla bonifica ed al ripristino ambientale, risulta indagato per i reati di inquinamento ambientale aggravato e scarico non autorizzato di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose, per i quali – se l’ipotesi accusatoria verrà confermata – rischia la pena della reclusione da due a sei anni nonché della multa fino a 100.000 euro.

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