Siccità, ambientalisti bresciani sul Po: “Basta allevamenti intensivi”

Presidio sabato a Spinadesco (Cr). Perché "per il nostro futuro è necessario mettere in discussione e cambiare il modello al quale siamo abituati".

Spinadesco (Cr). Sabato in questa località sul fiume Po, divenuto simbolo nazionale dell’emergenza siccità, un gruppo di persone appartenenti alle realtà ambientaliste e animaliste bresciane di Basta Veleni, collettivo Octopus, Extinction Rebellion, Collettivo Gardesano
Autonomo, Fridays For Future Brescia, hanno esposto uno striscione con lo slogan: “Noi chiudiamo i rubinetti, voi chiudete gli allevamenti! Questo sistema produttivo non è sostenibile!”. Il colore blu dello striscione si sostituisce all’acqua che non c’è, un’assenza importante
fonte di preoccupazione e di domande.
“È necessario da subito mettere in discussione e cambiare il modello al quale siamo abituati”, affermano le realtà promotrici
della protesta. “Non solo gli allevamenti, ma anche l’agricoltura intensiva destinata a diventare mangime per gli animali, richiede grandi quantitativi d’acqua dolce. Possibile che non si faccia nulla per intervenire e convertire una volta per tutte queste attività?”.
Secondo gli organizzatori del presidio “è doveroso denunciare la connessione tra il sistema di produzione alimentare e l’emergenza siccità: il 99% dei prodotti di origine animale proviene dagli allevamenti intensivi, oltretutto le produzioni di carne, latte e uova, implicano un utilizzo spropositato di acqua. Consideriamo che siamo in una zona ad alta intensità di allevamenti intensivi, in particolare quella del bacino padano tra le provincie di Brescia, Cremona, Mantova, Modena. In Lombardia sono allevati 4.4 milioni di maiali, 1.5 milioni bovini, 23 milioni di polli (Banca dati nazionale dell’anagrafe zootecnica) e la zootecnia è tra i maggiori utilizzatori di acqua”.

“Non solo allevamenti intensivi, ma anche l’agricoltura caratterizzata da monocolture come granturco e grano, gioca un ruolo dominante ed è strettamente collegata agli allevamenti, in quanto queste coltivazioni sono destinate per la maggior parte a diventare mangimi per gli animali allevati”, si legge in una nota degli ambientalisti bresciani. “Secondo la Water Food Print, la quantità di acqua utilizzata per i prodotti di origine animale ha un enorme peso: oltre 15mila litri per 1 kg di carne bovina, 5mila litri per 1 kg di carne suina, 4mila litri per la carne di pollo; a confronto di 1,6 mila litri per 1 kg di cereali, 962 litri per 1 kg di frutta, fino a scendere a 322 litri per 1 kg di verdura. Questi dati confermano che, dal punto di vista dei consumi idrici, la produzione zootecnica non è sostenibile. È emblematico che, l’industria meno ecologica che comporta un utilizzo imponente di acqua, ora si trovi in sofferenza proprio a causa dei problemi che lei stessa ha contribuito a creare, e che sia in prima linea a chiedere sostegno per affrontare l’emergenza”.

“In una provincia come quella di Brescia, dove ci sono più animali allevati che abitanti”, scrivono gli ecologisti, “dobbiamo tenere presente che stiamo parlando di migliaia di esseri senzienti che sono sfruttati, assoggettati e uccisi da un sistema produttivo che inquina, deforesta, ruba risorse preziose come l’acqua, distrugge biodiversità ed è causa di zoonosi, ovvero il passaggio di virus da animale a umano. In un’ottica sia locale che globale, sappiamo da tempo che per garantire il cibo nei prossimi anni dobbiamo scegliere un’alimentazione più sostenibile, cioè che sia in grado di rigenerare le risorse del nostro pianeta, minimizzando gli sprechi e riducendo l’inquinamento. Gli allevamenti intensivi sono in completa antitesi con questo, con il futuro e la sopravvivenza anche della nostra specie. Questo
sistema produttivo non è sostenibile”.

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