Pfas nelle acque di fiumi e laghi lombardi, esposto del Codacons

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Milano. Non hanno colore, non hanno sapore e neppure odore. Non segnano l’acqua di scie schiumose o nere. Si chiamano Pfas e sono veleni (di origine industriale) invisibili.
La Lombardia, dopo il Veneto, è la prima regione ad averli trovati nelle proprie acque: fiumi, laghi e bacini irrigui. Po, Olona, Lambro, Serio e Adda sono i più esposti. E il record, stando agli ultimi monitoraggi messi in campo dall’Arpa, spetta non solo all’area Bergamasca, ma soprattutto all’Olona, in particolare a Legnano, fra Varese e Milano.
Per un lungo periodo queste molecole non sono neppure state considerate come un pericolo, né per l’ambiente, né per la salute. La sigla, in inglese Perflurinatedt alkylated substances, riguarda una vasta famiglia di composti di fluoro sintetizzati per la prima volta in Usa negli anni Quaranta e da allora, tanto sconosciuti quanto usati, servono per fare pentole antiaderenti o impermeabilizzare tessuti, per creare vernici e spray e strumenti antincendio.
Idrorepellenti, anti-olio, resistenti alla temperatura, sono preziosi alleati dell’industria. Ma la loro indistruttibilità li fa accumulare nell’ambiente. E negli esseri viventi. Due sostanze, le prime e più antiche, acido perfluoroottanoico (Pfoa) e perfluorottanosulfonato (Pfos), questo usato nelle schiume antincendio, sono le più persistenti nell’ambiente e nei viventi: oltre 5 anni. Le più nuove si degradano in 10 giorni. I primi sono detti “a catena lunga“. L’Arpa li ha cercati in tutta la Lombardia. E li ha trovati, praticamente ovunque. Il Codacons, in ragione di ció, fa esposto in Procura per i danni all’ambiente e alla salute della collettività a seguito dei controlli insufficienti.

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