Caffaro, società: “Mai sottratto risorse a manutenzione della barriera idraulica”

Ieri i tre rappresentanti indagati dello stabilimento si sono difesi. Intanto restano solo 19 i dipendenti attivi.

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(red.) Nelle ore intorno a mercoledì 23 giugno giungono nuovi sviluppi sul fronte della situazione della Caffaro di Brescia. In primis, per quanto riguarda gli addetti che continuano a occuparsi del funzionamento della barriera idraulica e che al momento restano in diciannove. Proseguono a occuparsi della messa in sicurezza e della dismissione degli impianti in vista del fatto che la Caffaro Brescia Srl aveva già annunciato che a ottobre lascerà il sito. Ma gli stessi dipendenti si dicono preoccupati e ritenuti abbandonati dalle istituzioni, anche per gli ammortizzatori sociali incerti. Di certo, l’esperienza di Roberto Moreni come commissario oggi si conclude e quindi la questione passa al Ministero dell’Ambiente e alla Regione Lombardia in attesa della nomina del nuovo commissario Mario Nova.

E ieri, martedì 22 giugno, si sono mossi anche i tre rappresentanti della Caffaro Brescia – il presidente Donato Todisco, il rappresentante legale Alessandro Quadrelli e il direttore dello stabilimento Alessandro Francesconi – indagati e che nei giorni precedenti, nell’ambito della chiusura delle indagini da parte della procura, si sono visti sequestrare in via preventiva quasi 8 milioni di euro. Ieri, tramite i loro legali, hanno voluto sostenere la propria posizione difensiva in una nota. In particolare, per la manutenzione sulla barriera idraulica che sarebbe sempre avvenuta e per l’inquinamento che gli inquirenti ritengono sia legato alla società attuale, ma che secondo il gruppo avrebbe altre origini. “Mai la Caffaro Brescia Srl in liquidazione ha sottratto risorse economiche alle attività funzionali alla tutela dell’ambiente. La manutenzione della barriera idraulica è sempre stata incombenza costante in Caffaro Brescia, in particolare da chi ne aveva la specifica competenza.

L’ipotizzato inquinamento del suolo, del sottosuolo e delle acque di falda, ascritto all’attività di Caffaro Brescia dalla procura sulla base di contingenti risultanze di polizia giudiziaria – si legge in una nota della società – è conclusione radicalmente contestata dai consulenti tecnici della difesa, ai quali risulta al contrario che le fonti di inquinamento siano ben diverse da quelle attualmente ipotizzate sulla base di dati parziali e di ricostruzioni deduttive della polizia giudiziaria. Predisporre gli strumenti più idonei a far valere le ragioni degli indagati in tutte le sedi competenti, pur in uno spirito di leale collaborazione con la magistratura inquirente. Mai la tenacia delle azioni difensive si accompagnerà ad un disinteresse per il destino del sito Caffaro: la tutela dell’ambiente è stata e sarà sempre un obiettivo prioritario”.

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