Sequestro Caffaro, chiuse le indagini: ecco chi sono tutti gli indagati

Tra loro anche l'ex commissario Moreni e una dipendente comunale, oltre ai dirigenti attuali e passati dell'azienda.

(red.) E’ di quasi 8 milioni di euro l’importo del sequestro preventivo effettuato nella giornata di ieri, giovedì 17 giugno, dalle Fiamme Gialle della Guardia di Finanza di Brescia nell’ambito dell’inchiesta connessa alla Caffaro e pari all’importo che, secondo l’accusa, gli indagati avrebbero risparmiato nella mancata messa in sicurezza del sito industriale presente tra via Milano e via Nullo. Si parla di conti correnti, quote societari e immobili riconducibili al totale dei tredici indagati che sempre ieri hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini. Tra questi ci sono il direttore dello stabilimento Alessandro Francesconi, il rappresentante legale dell’azienda Alessandro Quadrelli e il presidente di Caffaro Brescia Srl Antonio Donato Todisco.

Il sequestro preventivo è scattato anche per lo stesso stabilimento. Per quanto riguarda il trio, le accuse sono quelle di disastro ambientale, deposito incontrollato di rifiuti e inquinamento da cromo esavalente e, per Quadrelli e Todisco, anche per falso in bilancio perché non avrebbero inserito nei bilanci del gruppo le risorse con cui garantire la messa in sicurezza degli impianti e della barriera idraulica. Tra gli indagati ci sono anche Vitantonio Balacco, così come i manager che facevano parte dell’ex stabilimento Caffaro Srl e Caffaro Chimica Srl di cui Marco Cappelletto, Alfiero Marinelli, Fabrizio Pea e Paolo Bettetto. Anche loro sono accusati di deposito incontrollato e omesso smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e inquinamento da mercurio.

Nell’elenco degli indagati figura anche l’ex commissario straordinario Roberto Moreni per non aver guidato la dismissione degli impianti, disastro ambientale e non aver garantito la messa in sicurezza della barriera idraulica. Altri accusati sono Daria Rossi a capo del settore Ambiente del Comune di Brescia perché non avrebbe ordinato alla Caffaro Srl di recuperare i rifiuti pericolosi e non averli fatti smaltire. Infine, altri indagati sono Claudia Lucchiaro, Alessandro Gasparini e Pietro Avanzi perché per loro quanto proveniva dalla dismissione degli impianti non doveva essere considerato un rifiuto.

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