Cristiani, quarto “no” alla scarcerazione

Negati, per la quarta volta, gli arresti domiciliari al politico bresciano che resta dietro le sbarre almeno fino alla scadenza dei termini di custodia cautelare.

(red.) Negati, per la quarta volta, gli arresti domiciliari a Franco Nicoli Cristiani.
Dopo il “no” dei giudici delle indagini preliminari Cesare Bonamartini a Brescia e Elisabetta Meyer a Milano, e quello del tribunale del Riesame del capoluogo, mercoledì si sono espressi sulla stessa linea anche i giudici di appello milanesi sulla richiesta del legale del politico bresciano, l’avvocato Piergiorgio Vittorini, sulla revoca della decisione del gip milanese.
Nicoli, in carcere dal 30 novembre scorso per una presunta tangente ricevuta dall’imprenditore bergamasco Pierluca Locatelli per “agevolare” le procedure per una discarica di amianto che sarebbe dovuta sorgere nel Cremonese, a Cappella Cantone, ora deve attendere che scadano i termini per la custodia cautelare (tre mesi) fissati il 29 febbraio, ma potrebbe anche accadere che i giudici milanesi chiedano che l’ex vicepresidente del Consiglio regionale lombardo vada a giudizio immediato prorogando così automaticamente la detenzione di altri sei mesi.
Molto dipenderà anche dall’esito delle ultime indagini che hanno portato a scoprire che Nicoli avrebbe accumulato un “tesoretto” da 700mila euro tramite l’associazione “Amici del Pdl”, da lui creata solo pochi giorni dopo la nascita dell’omonima associazione fondata da colleghi di partito bresciani, Viviana Beccalossi e Giuseppe Romele, che aveva lo scopo di creare un fondo cassa per spese elettorali. Di fatto c’erano due realtà con lo stesso nome, che raccoglievano soldi a nome del Pdl.
Ma secondo la Procura di Brescia i soldi raccolti da Nicoli tramite donazioni di privati, i 700 mila euro appunto, non sarebbero mai arrivati al partito. Beccalossi e Romele sono stati sentiti nei giorni scorsi come persone informate dei fatti e parte lesa.

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