Caso Boni, 4 su cinque indagati in Consiglio

Quattro componenti dell'ufficio di presidenza del Consiglio regionale, Nicoli Cristiani, Ponzoni, Penati e Boni, indagati per corruzione in episodi diversi.

(red.) Un’altra inchiesta della Procura di Milano scuote i piani alti della Regione Lombardia e soprattutto squarcia un velo su un presunto giro di tangenti da oltre un milione di euro che sarebbero finiti agli esponenti locali della Lega Nord.
Dopo i casi di ‘mazzette’ che hanno riguardato Penati, il bresciano Franco Nicoli Cristiani e Ponzoni, e dunque nell’ordine un esponente del Pd e due del Pdl, gli inquirenti milanesi sono ora sulle tracce di versamenti illeciti utilizzati, secondo l’accusa, dal Carroccio a livello territoriale.
Nella foto a fianco, come si può notare, sono ritratti i componenti dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Lombardia. Da sinistra in piedi: Carlo Spreafico, evidenziato con un cerchietto (unico dei 5 membri originari, eletti il 15 maggio 2010, a non aver ricevuto avvisi di garanzia), Massimo Ponzoni; seduti: Franco Nicoli Cristiani, Davide Boni e Filippo Penati, questi ultimi quattro, invece, tutti indagati.
Uno dei più noti esponenti lombardi del partito guidato da Umberto Bossi, il ‘maroniano’ Davide Boni, attuale presidente del Consiglio regionale, è finito indagato per corruzione (una decina di episodi), assieme al capo della sua segreteria, Dario Ghezzi, e a Marco Paoletti, fino a qualche mese fa consigliere provinciale della Lega, poi sospeso e passato al gruppo misto.
Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e del pm Paolo Filippini, Boni e Ghezzi, a cui la Guardia di Finanza, nel corso di una serie di perquisizioni, ha notificato un’informazione di garanzia, avrebbero gestito ”affari illeciti” e spartito tangenti che l’architetto Michele Ugliola e il cognato Gilberto Leuci avrebbero concordato con alcuni imprenditori, tra cui Luigi Zunino e F.M.. Il tutto affinchè alcuni amministratori locali, anche essi destinatari di parte dei profitti illeciti, favorissero gli interessi immobiliari degli imprenditori in diverse aree di Milano e dell’hinterland, soprattutto per la realizzazione di centri commerciali. In alcuni casi si tratta di progetti ancora ”attuali”. Boni, in particolare, avrebbe ricevuto, tra il 2008 e il 2010 quando era assessore regionale all’Edilizia e al Territorio, buste di contanti anche nei suoi uffici in Regione. Mazzette per un totale di oltre un milione di euro, tra soldi promessi ed effettivamente versati, finiti anche nelle mani di Ghezzi e che sarebbero andati non nelle tasche dei due ma, questa è l’ ipotesi degli inquirenti, a finanziare in ordine sparso le iniziative estemporanee della Lega, attraverso esponenti locali.
E’ per questo che i pm stanno valutando anche la possibilità di contestare il reato di finanziamento illecito ai partiti. Un quadro accusatorio che intende far luce su una sorta di ‘sistema Lega’, che non tocca però via Bellerio, ma basato su un metodo di ‘rastrellamento’ e di ‘distribuzione’ di profitti illegali, accomunato nei corridoi della Procura al vecchio meccanismo di ‘tangentopoli’.
Nell’ambito dell’inchiesta, nata da una ‘costola’ dell’ indagine su presunte tangenti che ha coinvolto la passata amministrazione di Cassano d’Adda e che nel maggio 2011 ha portato in carcere l’allora sindaco Edoardo Sala, i militari della Gdf hanno perquisito oggi gli uffici in Regione di Boni e Ghezzi. Il blitz ha riguardato anche Zunino e M., entrambi indagati assieme a Ugliola, Leuci e Paoletti. Boni – il quale ha dichiarato la sua ”totale estraneita”’ ai fatti e ha dato la sua ”piena disponibilità a chiarire” la sua posizione, e Ghezzi, come si legge nel decreto di perquisizione, ”utilizzavano gli uffici pubblici della Regione come luogo di incontro per concludere accordi nonchè per la consegna dei soldi”. Per gestire insomma ”affari illeciti”, incontrando gli altri coindagati anche di recente.
Secondo i pm, ”è dimostrato il pieno coinvolgimento” di entrambi nel giro di mazzette, nel quale Ugliola, già coinvolto alla fine degli anni ’90 nella ‘tangentopoli’ di Bresso, fungeva da ‘raccordo’ tra il livello locale e regionale. Un sistema che, a detta degli investigatori, riguarda anche altri piccoli imprenditori e che ha continuato a funzionare fino a qualche mese fa.
A carico di Boni e del suo stretto collaboratore ci sono una serie di interrogatori resi a investigatori e inquirenti dai coindagati, tra cui un paio di verbali della fine dell’anno scorso di Paoletti e dichiarazioni dello stesso Ugliola, il primo a collaborare con i magistrati, oltre ad una serie di intercettazioni, tra cui diverse telefonate tra Paoletti e M..
Alcuni atti dell’inchiesta sono stati trasmessi per competenza alla Procura di Monza che indaga sul cosiddetto ‘sistema Sesto’, perchè lo stesso Ugliola avrebbe intrattenuto rapporti anche con amministratori e imprenditori per progetti a Sesto San Giovanni.

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