Valcamonica, “più spazio ai nostri prodotti”

La condotta locale di Slow Food, Coldiretti, Cissva e altre realtà chiedono un impegno alla Comunità Montana: "Basta sostenere sagre e feste che non ci valorizzano".

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    (red.) Chiedono una presa di posizione della Comunità Montana di Valcamonica, che abbia la forza di promuovere un protocollo virtuoso per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari locali a chilometro zero. Sopratutto nelle sagre e nelle feste del territorio. Sono un gruppo di associazioni guidate dalla condotta locale di Slow Food, che in una lettera hanno chiesto formalmente un’audizione presso l’Assemblea della Comunità Montana, “per illustrare le nostre proposte e chiedere che la medesima Assemblea condivida e sottoscriva, non solo formalmente”

    Ma cosa vogliono allevatori e agricoltori del territorio? Semplicemente che in tutte le feste e le sagre locali, vengano venduti e utilizzati i prodotti del luogo, poichè se “nei nostri borghi vendiamo ai turisti le statuette della Libertà, il modellino del Duomo di Milano o della Tour Eiffel possiamo forse far profitto, ma certamente perdiamo la nostra credibilità e rendiamo più povero il nostro territorio”. Ecco il testo integrale e i firmatari della missiva.

    Le feste popolari in Valle Camonica nel loro insieme muovono decine di migliaia di persone, contribuiscono a creare l’immagine del territorio, muovono capitali importanti stimabili tra i 3 ed i 4 milioni di euro annui: immaginiamo quale ricaduta economica ci potrebbe essere per i produttori agroalimentari della Valle, se gli organizzatori di tutte le feste popolari decidessero di acquistare ed utilizzare i prodotti locali.
    A tal riguardo è opportuno proporre alcune riflessioni.
    La logica del mercato globale è quella di produrre sempre di più a costi sempre più bassi, imponendo i prezzi ai produttori e mettendo in secondo piano la qualità e la salubrità del cibo e di conseguenza la salute dei consumatori: gli esempi a tal riguardo sono innumerevoli, vedi ultimo scandalo delle uova, giusto per citarne uno. Non a caso Slow Food nasce a seguito dello scandalo del vino al metanolo e, nel corso della sua storia, ha sempre posto al centro della sua iniziativa la salute dell’uomo e del pianeta, in difesa delle piccole produzioni locali, schierandosi contro la logica distruttiva e speculativa del mercato globale.

    Noi siamo quel che mangiamo, il cibo è il carburante che ci fa vivere, respirare, muoverci, pensare, è una importante occasione di socializzazione ed è logico che rappresenti per tutti gli uomini del mondo una questione prioritaria che merita tutta la nostra attenzione.
    È evidente che la produzione su piccola scala dei prodotti agricoli comporti dei costi segnatamente diversi rispetto ai prodotti del mercato globale; inoltre i costi di produzione in montagna sono chiaramente diversi da quelli della pianura. Il contadino ottiene i suoi prodotti seguendo il ciclo naturale delle stagioni, sistemi di coltivazione e di allevamento che rispettano l’ambiente, la salute degli animali, la salute dei consumatori, il paesaggio e la bellezza degli ecosistemi. Il profitto non è l’unico valore: con la sua azione il piccolo produttore presidia il territorio, contribuisce a conservare l’equilibrio idrogeologico dei terreni di montagna, concorre alla tutela della biodiversità con grande rispetto per la terra sulla quale vive e dalla quale trae sostentamento.
    Nel corso dei secoli l’uomo con le sue attività di coltivazione e di allevamento ha trasformato il territorio in paesaggio, e ha sviluppato una cultura del cibo diversa in ogni luogo: questa diversità rappresenta la nostra identità e l’identità si afferma grazie alla diversità.

    Acquistare e consumare i prodotti locali è una scelta che sostiene l’economia del proprio territorio e contribuisce alla salvaguardia del paesaggio, dell’ambiente e della propria identità culturale: con un consumo consapevole il cittadino diventa coproduttore di un’agricoltura sostenibile.
    Al contrario, lo sfruttamento indiscriminato del suolo praticato dalle produzioni su larga scala, con l’uso sempre crescente di fertilizzanti chimici, pesticidi, fungicidi e diserbanti sta distruggendo la fertilità dei suoli e producendo la desertificazione di vaste aree un tempo fertili (l’agricoltura globale è il settore produttivo più inquinante di qualsiasi altro).
    L’allevamento di animali in grosse concentrazioni comporta l’uso massiccio e continuato di farmaci, con grave compromissione della qualità delle carni e della salute del consumatore. La scelta di poche razze altamente produttive ha comportato la scomparsa di innumerevoli razze locali che nei secoli si erano adattate a vivere nelle varie condizioni ambientali, sviluppando una grande rusticità e capacità di difesa alle malattie.
    E’ vero che i prodotti locali costano relativamente di più dei prodotti del mercato globale, ma hanno in sé il valore aggiunto del buono, del pulito e del giusto.

    Quindi perché non promuovere i nostri prodotti nelle nostre contrade, nei nostri paesi? Perché non facciamo questa scelta responsabile e ci limitiamo a “speculare sul cibo” per far profitto?
    A livello nazionale dal 1990 al 2000 hanno chiuso 773.000 piccole aziende agricole, dal 2000 al 2010 altre 445.000; in particolare a livello regionale le aziende agricole di montagna dal 2000 al 2010 sono passate da 16.858 a 12.768 con una riduzione del 24,3%; nello stesso periodo in collina il calo è stato del 19,4% ed in pianura del 24,6%; sempre a livello regionale le aziende agricole con allevamento sono passate da 9.511 a 7.632 con una riduzione del 19,8%; nello stesso periodo in collina il calo è stato del 9% ed in pianura del 26,9%. L’andamento negativo continua dal 2010 ad oggi.
    E del tutto evidente che i contadini non si arricchiscono, altrimenti perché chiuderebbero le loro aziende?

    Certamente l’apertura di grossi centri commerciali e l’offerta di prodotti dell’economia globale fanno concorrenza spietata alle piccole realtà agricole del nostro territorio; la scarsa sensibilità dei consumatori rispetto alle realtà produttive locali ed ai prodotti dell’agricoltura sostenibile fanno il resto.
    In Italia, negli ultimi 10 anni, hanno chiuso 500.000 piccole attività commerciali ed anche questo è uno degli effetti dell’economia globale; ricordiamo che i piccoli negozi di paese oltre “a far vivere le famiglie dei commercianti” tramite l’approvvigionamento alimentare, svolgono un’importante funzione sociale; oggi soprattutto gli anziani ne soffrono la mancanza e, in alcuni paesi di montagna, le amministrazioni locali stanno sostenendo economicamente i piccoli rivenditori di generi alimentari per evitare che chiudano.
    Tutti noi possiamo contribuire ad arrestare questo stillicidio opponendoci alla logica globale del profitto fine a se stesso e scegliendo un consumo più responsabile a sostegno della nostra economia locale e a tutela della struttura socioeconomica dei nostri paesi, della nostra cultura gastronomica e della nostra identità culturale.

    Da una parte riteniamo molto importante il prezioso lavoro dei volontari che con i proventi del loro lavoro nelle varie feste popolari spesso realizzano importanti interventi nel sociale, rimediando alla mancanza di risorse delle pubbliche amministrazioni. D’altra parte plaudiamo al lavoro dei produttori che tenacemente resistono a tramandare il saper fare della cultura contadina e senza alcuna casualità, sapientemente, valorizzano le risorse del territorio evitandone il loro sfruttamento.

    Se però nei nostri borghi vendiamo ai turisti le statuette della Libertà, il modellino del Duomo di Milano o della Tour Eiffel possiamo forse far profitto, ma certamente perdiamo la nostra credibilità e rendiamo più povero il nostro territorio.
    In Valle abbiamo molti prodotti buoni e di qualità come testimonia la guida “Sapori di Valle Camonica”: consumiamoli e facciamoli consumare, promuoviamo il nostro territorio, salvaguardiamo il nostro sapere, impegniamoci a lasciare ai nostri figli un mondo migliore di quello che abbiamo ereditato.
    Per questo Slow Food e le altre Associazioni firmatarie rivolgono un appello all’intera comunità di Valle Camonica, affinché si renda interprete della necessità di salvaguardare il lavoro delle nostre imprese agricole tramite l’acquisto ed il consumo dei prodotti agroalimentari del nostro territorio, anche e soprattutto nelle manifestazioni pubbliche che si svolgeranno in futuro in Valle Camonica.
    Allo scopo chiediamo come firmatari un’audizione presso l’Assemblea della Comunità Montana per illustrare le nostre proposte e chiedere che la medesima Assemblea condivida e sottoscriva, non solo formalmente, codesto appello e lo renda attuabile attraverso un’adeguata campagna di sensibilizzazione, con l’impegno di patrocinare o sponsorizzare soltanto le iniziative enogastronomiche che se ne facciano interpreti. 

    Slow Food Valle Camonica
    Coldiretti Brescia
    Bio-distretto di Valle Camonica
    Valle Camonica Bio
    Consorzio Vini IGT Vallecamonica
    Consorzio Siter DOP Vallecamonica
    CISSVA
    APAV
    GAS Darfo
    GAS Pisogne
    GAS “ le Streghe”
    CIA Est Lombardia

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