Ersaf: “Cresce il bosco, ma cambia destinazione”

Decimo rapporto dell'ente regionale che controlla lo sviluppo forestale della Lombardia. “Bosco grande e in crescita, ma che non rende” sottolinea Elisabetta Parravicini.

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    (red.) Che cosa c’entra la bolla speculativa scoppiata nel 2007 negli Stati Uniti con lo sviluppo delle foreste? C’entra. La crisi economica ha investito per primo il settore edilizio, che è il settore-cardine dell’economia forestale americana, visto il significativo impiego di legname, proprio per quella tipologia di edifici per cui le famiglie si erano indebitate. Con il crollo dei consumi e dei prezzi del legname nordamericano, la crisi si è trasferita in Europa dove, per almeno cinque anni di seguito, sono stati ottenuti record negativi nei consumi e quindi nei prelievi di legname. 

    E’ quanto ci racconta il Rapporto sullo stato delle foreste in Lombardia, presentato a Milano come ogni anno da ERSAF e soprattutto la sua lettura attraverso le dieci edizioni consecutive: “il cui primo valore – ha ricordato la presidente ERSAF, Elisabetta Parravicini – è confermare come la raccolta di dati, la loro elaborazione e i monitoraggi dell’intera catena di valore forestale siano la base per delineare strategie e definire obiettivi e mettere quindi in campo adeguate ed efficaci politiche. Sorprendente è rilevare come ERSAF sia l’unico ente regionale a farsene carico. La grande carenza di dati su cui lavorare e progettare è una criticità rilevante e preoccupante per la gestione dell’intero comparto. La recente costituzione della Direzione Foreste del MIPAAF e il “Libro Bianco” sulle foreste italiane cui questa struttura sta lavorando ci fanno ben sperare al riguardo”.

     Cresce il bosco, cambia la destinazione del legname. In Regione Lombardia, i prelievi negli alberi d’alto fusto, il cui legname è utilizzato per gli impieghi con maggiore valore aggiunto, sono stati nel decennio pari a 159.800 mc/anno, a fronte di 399.900 mc/anni in media prelevati nei cedui, in grandissima prevalenza orientati alla produzione di legna da ardere. In sostanza, l’economia dei prelievi boschivi si è sostanzialmente orientata all’impiego energetico e ciò è dovuto da una parte alla stagnazione della domanda di legname da industria, dall’altra a un altro processo internazionale che ha influenzato il settore forestale: la crescita dei prezzi dei prodotti petroliferi e il parallelo sviluppo delle tecnologie a diversa scala di valorizzazione energetica delle biomasse (dagli impianti domestici di riscaldamento a pellet e tronchetti, ai grandi impianti di produzione di energia elettrica a cippato). Questi sviluppi hanno portato a far sì che le biomasse legnose in Regione Lombardia, come nel resto d’Italia, siano la prima fonte energetica rinnovabile, grazie soprattutto al loro ruolo nella produzione di energia termica.

    Ma intanto i boschi crescono: dello 0,53% l’ultimo anno (il 2016), del 2,1% nel decennio (+1.318 ha/anno) e nel quasi raddoppio in cinquant’anni, a scapito di pascoli e prati che, abbandonati, vengono sostituiti dal bosco. Nel decennio i livelli medi dei prelievi sono stati pari a circa un quinto dell’incremento dei boschi lombardi (18,6% come media per il periodo 2008-16). La Lombardia è in effetti una delle Regioni europee dove il rapporto prelievi/accrescimento è più basso, inferiore a quello medio nazionale e l’Italia ha il tasso di prelievo per ettaro di superficie forestale più basso dell’Unione Europea, se si esclude Cipro.

    E’ una dinamica che Davide Pettenella, dell’Università di Padova, invita a leggere alla luce di due prospettive di segno opposto: “Il bicchiere mezzo pieno è legato al fatto che i boschi lombardi diventano più densi, accrescono i valori di stock, e così anche la capacità di assorbire anidride carbonica che è stata stimata nel range di 4,4-4,8 milioni di tonnellate all’anno nel periodo 2008-14. Il bicchiere mezzo vuoto è legato al fatto che boschi invecchiati divengono più vulnerabili ai fattori di danneggiamento biotico (insetti e funghi), climatico (schianti), agli incendi che a loro volta sono legati a cause antropiche e ad eventi climatici estremi, con il conseguente aumentato rischio della diffusione di specie invasive. Peraltro il fatto che, pur con boschi più ricchi di provvigione, i prelievi di legname da opera si siano nel decennio stabilizzati su valori estremamente bassi e che prevalgano i tagli di biomassa per usi energetici, sono indicatori di un’economia che sembra muoversi in direzione opposta alla logica generale dell’economia circolare”.

     Tra i tanti temi contenuti nel rapporto, ERSAF segnala la questione della certificazione: nel 2016 la superficie complessiva, certificata da FSC o PEFC, è di 31.340 ettari, di cui 30.204 ettari di bosco (rappresentati per 16.594 ettari dal patrimonio forestale regionale e i restanti dai terreni conferiti in gestione ai Consorzi forestali). Nel 2008 la superficie certificata era di 725 ettari.

     “Bosco grande e in crescita, ma che non rende” sottolinea Parravicini: poca rendita non solo in Lombardia, basti pensare che gli 11 milioni di ettari di patrimonio forestale italiano, pari al 35% del territorio, oggi contribuiscono solo per lo 0,08% al Pil del Paese. “Occorre attivare un’efficiente gestione delle foreste. Considerare il patrimonio forestale una risorsa economica non significa certo ridurre i livelli di tutela ambientale, ecologica e paesaggistica. Anzi, – conclude la presidente – significa invece fissare l’importanza della funzione delle foreste nella tutela del territorio, nella prevenzione del rischio idrogeologico, antincendio e di sviluppo produttivo ed economico. C’è attenzione su questo?”

    Alcuni segnali positivi ci sonouno su tutti l’appuntamento della FAO che organizza, nel dicembre 2018, il primo forum mondiale sulle foreste urbane a Mantova“Cambiare la natura delle città: il ruolo delle foreste urbane per un futuro più felice, sano e verde”.

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