Migranti sfruttati in azienda di calze, due arresti

Un imprenditore di Carpenedolo e il suo assistente pakistano in manette. Gli stranieri reclutati lavoravano 10 ore al giorno per guadagnare 3 euro all'ora.

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(red.) Una situazione di caporalato è venuta alla luce nel bresciano nelle ore precedenti a mercoledì 6 dicembre e portando all’arresto di un imprenditore e del suo collaboratore. La vicenda riguarda un’azienda di confezionamento di calze di cui è proprietario il datore di lavoro 56enne di Carpenedolo. Si è scoperto che all’interno lavoravano una ventina di richiedenti asilo, impiegati fino a 10 ore al giorno, comprese le domeniche e i festivi, prendendo uno stipendio di 3 euro all’ora. Un vero e proprio caso di sfruttamento che, insieme al bresciano, ha coinvolto il suo assistente pakistano.

Sarebbe stato proprio quest’ultimo, su disposizione del titolare, a convincere diversi stranieri a lavorare per conto dell’azienda, ma con quelle condizioni disumane. Le forze dell’ordine che hanno ricevuto la segnalazione si sono mosse partendo da un’altra inchiesta, quella che aveva portato l’imprenditore Angelo Scaroni agli arresti, poi liberato dal tribunale del Riesame di Brescia, per l’accusa di truffa ai danni dello Stato. Avrebbe incassato 900 mila euro grazie alla gestione dei migranti che spesso stipava in spazi ridotti, visto che altri immobili segnalati dall’uomo risultavano inesistenti.

Analizzando le posizioni degli ospiti, si è scoperto che diversi di loro lavoravano per conto dell’impresa di calze. Le loro testimonianze e con tanto di fotografie hanno raggiunto la scrivania del sostituto procuratore di Brescia Ambrogio Cassiani che ha chiesto e ottenuto dal giudice delle indagini preliminari Elena Stefana di mettere le manette ai due dell’azienda. Nelle ore successive è atteso l’interrogatorio da parte del giudice. I due rischiano una pena da 1 a 6 anni e una multa dai 500 ai 1.000 euro per ogni lavoratore “reclutato”.

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