Lettere al direttore

Nuova legge fallimentare, le banche devono cambiare approccio

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La nuova legge fallimentare approvata in via definitiva al Senato contiene molti elementi di novità positivi, a partire dal fatto che rimette ordine finalmente a un impianto in materia vecchio di 70 anni, sul quale si erano innestate modifiche non sempre coerenti e positive negli effetti. Ben venga quindi la nuova legge, approvata a grande maggioranza, ma forse nell’entusiasmo generale sarebbe opportuna maggiore prudenza, non fosse altro che siamo di fronte a una legge delega e quindi bisognerà attendere di vedere i decreti attuativi per comprenderne fino in fondo la portata e gli effetti reali.

Se giustamente viene tolto quello che è stato definito «lo stigma morale» del fallimento, presupponendo in modo moderno che il fallimento d’impresa è una possibilità legata al rischio, resta comunque anche il problema del creditore. Sarà più tutelato rispetto al passato, o ci sarà comunque una gerarchia che privilegerà alcuni a dispetto di altri? Il sistema degli allerta anti crisi, che secondo la norma dovrebbe essere in grado di anticipare e rendere palesi le situazioni di crisi prima che sia troppo tardi, sarà sufficiente per cambiare la situazione di tanti piccoli imprenditori che in questi anni si sono ritrovati con crediti ridotti a carta straccia e sono entrati poi a loro volta in grande difficoltà, finendo in non pochi casi addirittura falliti (per crediti spettanti non riscossi) essi stessi?

Se l’apparato sanzionatorio viene indebolito, con che serenità si muoveranno gli imprenditori che vogliono fare le cose per bene? Come diversi illustri commentatori hanno già osservato, accanto alle modifiche della legge, serviranno anche cambiamenti nell’approccio delle banche alla crisi dell’imprenditore. Le banche, infatti, sono state fino ad oggi spesso acceleratrici del fallimento e questo anche per come è impostato il nostro sistema di iscrizioni ipotecarie, che privilegia il primo arrivato rispetto alla garanzia della continuità aziendale. Insomma non vorrei che, insieme alle buone cose previste dalla norma ci si tenesse anche le cattive. Che magari non sono previste dalla nuova legge fallimentare, ma fanno parte del vissuto di tanti imprenditori che in questi anni sono rimasti truffati, non hanno più visto i loro crediti, hanno dovuto aspettare tempi biblici per vedere (non sempre) riconosciuta giustizia. Problemi che, purtroppo, non credo verranno tutti risolti da questa legge. Nemmeno se questa abolisce (per legge) il concetto di fallimento.

Marco Mariotti
Vice Presidente Vicario Apindustria Brescia

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