Omicidio suicidio Trento; esplosione di sociopatia

Il nostro Giovanni Merla ha interpellato due psichiatri per cercare di comprendere i meccanismi che possono spingere un padre ad uccidere i propri figli e a togliersi la vita.

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    di Giovanni Merla

    Gabriele Sorrentino, ex maresciallo dei carabinieri divenuto broker, da mesi custodiva un segreto impossibile da nascondere a lungo. Un crack di oltre un milione di euro.

    I suoi risparmi, quelli dei suoceri e dei clienti andati in fumo in pochi mesi dopo investimenti finanziari sbagliati. Lunedì, insieme con la moglie, avrebbe dovuto incontrare il notaio per rogitare l’acquisto definitivo dell’attico dove risiedeva con la sua famiglia, ma di fatto quell’appuntamento avrebbe smascherato la sua reale e disastrosa situazione economica. La società milanese proprietaria dell’immobile infatti gli aveva già mandato l’avviso di sfratto e da tempo il broker non pagava più bollette e rate degli elettrodomestici.

    Una vita sospesa tra finzione e realtà. L’attico nel quartiere più chic di Trento, progettato da Renzo Piano da una parte e dall’altra i debiti e l’angoscia di perdere tutto. Un sogno infranto che si è trasformato in incubo impossibile da gestire, da raccontare o da ammettere, sfociato in una tragedia sconvolgente. Nelle prime ore del mattino ha ucciso a martellate i suoi due bimbi piccoli e poi si è suicidato buttandosi da uno strapiombo di 150 metri.

    Episodi agghiaccianti come questo, ci lasciano senza parole, tanta è l’efferatezza che esprimono. Eppure è proprio davanti a queste notizie che la società civile deve trovare le parole per comprendere gli oscuri meccanismi che li hanno scatenati. Ma se a noi mancano, occorre chiederle a chi con il lato oscuro della psiche umana si misura professionalmente ogni giorno.

    Così ho deciso di rivolgermi al professor Francesco Rovetto, docente universitario di psichiatria e al professor Pietro Barbetta, direttore del centro milanese di terapia familiare e docente universitario di psicologia dinamica. Con loro ho approfondito alcune importanti questioni sui meccanismi mentali e sul rapporto complesso tra individuo e società.

    “La psichiatria moderna, -mi spiega Francesco Rovetto- individua tre capisaldi della depressione che uniti producono un cocktail pericolosissimo. L’impotenza, la disperazione e il senso di colpa. Probabilmente quest’uomo non riuscendo a trovare una via d’uscita dal suo tracollo finanziario ha commesso un’omicidio-suicidio delirante altruistico. Paradossalmente, spinto da una lucida follia, ha ucciso i suoi bambini per salvarli dalla vita di stenti che i suo immensi debiti gli avrebbero causato”.

    Il professore poi parla di narcisismo patologico. “Un uomo, -continua- che lascia un lavoro sociale, com’è di fatto quello del carabiniere, per una professione decisamente più redditizia come quella del broker, ha una forte personalità narcisistica. Davanti a una ferita insopportabile come quella del fallimento, questi profili psicologici possono crollare. Non dimentichiamoci che il narcisista è incapace di amare, il suo è un sentimento possessivo”. Prima di salutarmi ci tiene a sottolineare che le sue sono ipotesi, perché non è possibile risalire alla verità, ai pensieri e alle reali cause che hanno portato un padre a commettere un gesto così terribile.

    È della stessa idea anche Pietro Barbetta, che focalizza l’attenzione sull’ultimo decennio. “Siamo difronte, -dice lo psicanalista- a un’autentica esplosione di sociopatia. L’induzione sociale a delinquere. In nome della libertà tutto è lecito. In questa società del totalitarismo neoliberista dilaga una dimensione patogenica che sfocia in un atteggiamento collettivo tendenzialmente delinquenziale. Ciò che conta è il denaro e non importa più come o con quali mezzi si riesce a ottenerlo. La conseguenza più pericolosa è la cancellazione istantanea dell’indignazione e del senso del pudore. Non ci si vergogna più di nulla e la gente vive aspirando sempre più a un arricchimento che realmente è improbabile”.

    Il professore ricorda gli episodi terribili accaduti durante la recente crisi economica in Argentina. “I broker, -spiega- avevano perso tutto, facendo finire sul lastrico le loro famiglie. Questo li aveva fatti entrare in una fase depressiva, sfociata in moltissimi suicidi. Questo aspetto rimarca che la violenza deriva sempre e ovunque dal contesto socioculturale”.

    “Oggi, -continua Pietro Barbetta- si promuove la cultura della crudeltà e si inibisce quella della tenerezza. Non ci si vergona più di evadere il fisco, ma ci si vergogna di fare una carezza a un bambino. Questo accade specialmente nell’universo maschile. La cultura della tenerezza però è l’archetipo della società evoluta. Perché tutto è nato oltre 400.000 anni fa, quando l’uomo ha scoperto il fuoco. Questa grande risorsa naturale ha prodotto il focolare domestico, dove i cuccioli venivano accuditi e coccolati. L’essere umano è un mammifero che possiede l’infanzia prolungata. I bambini hanno bisogno di tenerezza, gioia e serenità. Non di cose”.

    Viviamo in un’epoca piena di contraddizioni e paradossi. Un presente caotico e in perenne ricerca di stimoli, emozioni e sensazioni differenti e sempre nuove. Un mondo dove i tempi non sono più scanditi dai bisogni primari, ma dagli imput continui e sempre più ammiccanti della pubblicità, tanto subdola quanto efficace a saperci convincere che la vera felicità è riuscire a comprare tutto. Così perdiamo di vista i veri valori e sostituiamo la bussola dell’essere con quella dell’avere ad ogni costo. Tutto questo genera egoismo, avidità e prevaricazione.

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