Mafia sikh, “facciamo scambio con marò”

Proposta provocatoria dell'assessore lombardo Simona Bordonali che commenta gli arresti nell'operazione della Squadra Mobile di Brescia.

Più informazioni su

Mafia sikh(red.) “Siamo riusciti a liberare la comunità indiana di Brescia dalle minacce cui veniva sottoposta dai connazionali”. Così il questore di Brescia Vincenzo Ciarambino, presentando l’operazione giovedì 28 aprile, ha commentato le azioni di stampo mafioso messe in campo dal gruppo criminale indiano e pachistano. L’indagine della Squadra Mobile ha portato all’arresto di nove persone e alla denuncia a piede libero di altre dieci, mentre uno, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare, è irreperibile. L’obiettivo della presunta associazione a delinquere era quello di mettere le mani in tutti i settori in cui erano coinvolti i connazionali e che potessero generare guadagni. Persino sulle patenti facili. Su questo fronte, infatti, un indiano era stato rapinato da un emissario del gruppo fuori da una sede di commissione d’esame perché incassava anche fino a 3 mila euro per aiutare altri stranieri a superare l’esame per il titolo di guida. Lo faceva con una radiotrasmittente per suggerire le risposte. E l’associazione criminale voleva rilevare l’attività per non avere concorrenza. Le stesse azioni intimidatorie venivano attuate nei confronti degli autotrasportatori ai quali chiedevano una sorta di pizzo, una percentuale sul guadagno. Impiegando gli stessi meccanismi tipici della criminalità organizzata, commettevano anche rapine e incendiavano gli automezzi di chi si opponeva alle loro richieste.
Tanto che il 30 novembre del 2014, in una delle prime situazioni registrate dalle indagini, si era verificato un tentato omicidio in tangenziale. Un altro mercato florido per i criminali, che minacciavano le loro vittime anche con le armi, era quello del traffico di clandestini tra l’Italia e l’estero. Ogni giorno tre mezzi caricavano almeno sette persone ciascuno per partire da Brescia e raggiungere Parigi, Vienna e Monaco. Una volta arrivati a destinazione, facevano salire altri per compiere il percorso inverso. Tutto a un prezzo richiesto che andava dai 250 ai 750 euro a testa. L’attività criminale, secondo gli inquirenti, andava avanti da almeno sei mesi. Le indagini, sorrette dalle intercettazioni telefoniche, hanno consentito di far scattare le manette all’alba di giovedì 28 soprattutto nella bassa bresciana e in provincia di Cremona dove abitavano i presunti componenti della banda.
Tra gli indagati c’è anche Gurjeet Singh, l’indiano accusato di essere complice del duplice delitto dei coniugi Francesco e Giovanna Seramondi, titolari del “Da Frank” di Brescia. Soddisfazione all’operazione è arrivata da alcuni membri politici, soprattutto del centro destra. Tra loro l’assessore lombardo Viviana Beccalossi (FdI) che sottolinea come “l’Austria e altri Stati fanno bene a schierare l’esercito per impedire l’invasione di criminali”. Mentre la collega bresciana in Regione Simona Bordonali (Lega Nord) propone uno scambio con i Marò: mandare gli arrestati in carcere in India al posto del rientro di Salvatore Girone e della permanenza in Italia di Massimiliano Latorre.

Più informazioni su

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di QuiBrescia, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.