No trivellazioni, perché votare “sì”

Cancellare la possibilità di continuare a "bucare" il terreno sottomarino intorno alla coste italiane darebbe più spazio a cercare rinnovabili.

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Trivellazioni(red.) Domenica 17 aprile, dalle 7 alle 23, in tutta Italia gli aventi diritto possono votare il referendum popolare abrogativo sulle trivellazioni nel sottosuolo marino a dodici miglia di distanza dalle coste. Tecnicamente la consultazione popolare, richiesta da nove regioni, propone di cancellare il terzo periodo del comma 17 dell’articolo 6 del decreto legislativo 152/2006. In pratica, la concessione di svolgere le trivellazioni nei giacimenti petroliferi marini. Attualmente la legge prevede che la competenza proprio sui giacimenti si fermi nel momento in cui non si trovano più risorse nel sottosuolo, ma che le trivellazioni vadano avanti lo stesso. La consultazione popolare, invece, chiede di cancellare quest’ultimo passaggio, facendo terminare la concessione di “bucare” il terreno fino alla scadenza già stabilita.
Partiamo dalle ragioni del sì al referendum, dando spazio a quelle del no in un altro articolo. Perché votare sì e quindi voler abrogare la norma? Cancellare la possibilità di continuare, in pratica di non voler più fare trivellazioni, darebbe la possibilità di puntare e dare più spazio alle energie rinnovabili, tra sole, acqua, aria e vento. In più, secondo alcuni esperti, i movimenti di terreno dovuti alle trivellazioni e i terremoti sarebbero in qualche modo diretta conseguenza, anche se imprevedibili. Per votare alla consultazione popolare bisogna portare la tessera elettorale e il documento d’identità. Il referendum passa se verrà superato il quorum del 50%. Al termine delle votazioni, domenica sera si inizierà subito lo spoglio.

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