Fallimento Caffaro-Snia, Loggia parte civile
Il Comune di Brescia e ministero dell'Ambiente chiedono di essere ammessi al processo in corso a Milano contro ex sette soci. Si decide 19 gennaio.
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(red.) E’ in corso alla seconda sezione penale del tribunale di Milano il dibattimento sulla vicenda del fallimento tra Caffaro e Snia per il quale sono accusati sette bresciani. Gli imputati sono il finanziere Emilio Gnutti, Carlo Callieri, Leonardo Bossini, Giorgio Cirla, Maurizio Dallocchio, Mauro Gambaro e Umberto Rosa, anche se la posizione dell’ultimo è stata stralciata per questioni di salute. Tutti erano consiglieri della Snia-Caffaro e sono accusati di concorso in bancarotta tramite distrazione e operazioni dolose. La notizia è che il 19 gennaio il giudice deciderà sui Comuni di Brescia e il ministero dell’Ambiente che hanno chiesto di essere ammesse come parti civili. La società Caffaro, responsabile di una parte dell’inquinamento che ha colpito Brescia, si era messa a capo della Snia e poi sarebbe diventata una scatola vuota, lasciando la parte “positiva” alla nuova Sorin.
Al momento del fallimento, la Caffaro era poi stata liquidata e data alla Todisco nel 2011. Stando all’accusa, gli ex consiglieri avrebbero fatto scindere, in parte, la Snia per dare i beni della società a Sorin con ampi ricavi, nel 2002, dal biomedicale e compensando le perdite delle altre aree. In pratica, l’operazione sarebbe stata eseguita solo a vantaggio della società beneficiaria e senza uno scambio adeguato. Secondo quanto scrivono gli avvocati difensori delle vittime a processo, la presunta mala gestione di Hopa Holding Spa, Bios Spa, Interbanca Spa, Banca Monte dei Paschi di Siena e Unipol Spa legate alla Snia, il patrimonio di quest’ultima e della Caffaro sarebbe stato depredato a favore dei soci di allora e attualmente a processo. Proprio loro hanno contribuito alla fondazione di Sorin che avrebbe preso i guadagni di Caffaro e Snia.
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