Omicidio pornostar, Mossoni confessa

Il 55enne bresciano ha ammesso le proprie responsabilità. Ha detto di avere ucciso Federica Giacomini durante una lite e di averne vegliato il corpo due giorni.

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    federica_giacomini_pornostar(red.) Franco Mossoni ha confessato: è lui l’omicida di Federica Giacomini, l’ex pornostar nota con lo pseudonimo di Ginevra Hollander, uccisa e poi gettata in una cassa di plastica blu nelle acque del Lago di Garda, a Castelletto di Brenzone.
    Il 55enne bresciano, originario della Valcamonica, già arrestato perchè considerato l’autore dell’efferato delitto, ha finalmente detto la verità, quella che tutti già sapevano in realtà, ma che lui aveva continuato a negare, attribuendo ad altri (una fantomatica banda di albanesi) l’assassinio della convivente.
    L’uomo, mercoledì, è comparso davanti al gip per l’udienza preliminare al processo che lo vede imputato della morte di Federica e ha così ammesso le proprie responsabilità: avrebbe ucciso la 42enne a gennaio del 2014, durante un litigio nella casa di a Corrubbio di Negarine, nel vicentino, dove vivevano insieme, quindi avrebbe vegliato il cadavere della donna per due giorni. Al giudice ha anche detto di essere andato in chiesa a pregare perchè Federica “potesse risorgere, perché a volte i miracoli accadono”.
    Quindi, in un delirio psicotico crescente, si sarebbe autoconvinto di essere un biologo marino, decidendo così di chiudere il corpo della Giacomini in una cassa e di inabissarlo nelle acque del Benaco, dove è poi stato recuperato mesi dopo.
    Quella sorta di bara venne poi recuperata nel giugno del 2014. Mossoni, all’epoca del ritrovamento, si trovava già all’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia. Era stato arrestato a febbraio dopo un blitz in tenuta da Rambo all’ospedale di Vicenza e il gip aveva disposto il suo trasferimento all’Opg dove rimane tuttora ristretto.
    Nel 1978 Mossoni aveva sparato a un rivale in amore, uccidendolo.
    Il 55enne ha poi anche chiesto scusa agli anziani genitori di Federica i quali si sono costituiti parte civile nel processo a carico dell’uomo che deve rispondere di omicidio volontario e di occultamento di cadavere con le aggravanti dei futili motivi, della crudeltà e dalla recidiva.
    Il perito incaricato di redigere il profilo psichico di Mossoni ha confermato la seminfermità: secondo l’esperto l’omicida sarebbe una persona capace di intendere ma non di volere. Al momento del fatto era capace di intendere, ma non in grado di controllarsi perché affetto da un disturbo della personalità. Perizia contestata dalla difesa che ha chiesto l’ammissione al rito abbreviato, condizionata a una nuova perizia. Richiesta respinta dal gup Taramelli, dopo le opposizioni di accusa e parte civile. Il prossimo 9 settembre, la sentenza. Con il rito abbreviato rischia al massimo 30 anni.

     

     

     

     

     

     

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