Astori (Aib): “La cultura nell’impresa vince”

Il vicepresidente con delega ai rapporti sindacali: "Per il futuro sarà fondamentale stare al passo coi tempi. Anche per i sindacati".

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    da Cisl.bs

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    (v.p.) Fare impresa è una questione di cultura. Esportare in mercati più floridi di quello italiano è una questione di cultura. E i rapporti con le organizzazioni sindacali come si gestiscono? In tanti modi, “ma è una questione di cultura”.
    Prosegue il viaggio di quiBrescia.it all’interno del mondo dell’industria bresciana targata Aib.
    Dopo aver parlato con il delegato per l’Expo 2015 e il responsabile del comitato Piccola Industria, Giancarlo Turati, e aver intervistato Paolo Streparava, vice-presidente con delega all’internazionalizzazione e all’innovazione, abbiamo parlato con Fabio Astori, vice presidente con delega ai rapporti sindacali, titolare della Luxor spa di Montichiari, realtà avviata dal padre che oggi conta un centinaio di dipendenti e ha clienti in una sessantina di Stati esteri, dove esporta i propri prodotti, valvole e manufatti legati al ciclo idrico.
    DOMANDA. Astori, cosa rappresenta oggi il sindacato in provincia di Brescia per gli industriali?
    RISPOSTA. Il sindacato è una realtà molto strutturata e articolata, con una grande tradizione nel nostro territorio.
    D. E qual è il suo principale obiettivo?
    R. Dovrebbe essere quallo di tutelare il lavoro delle maestranze, che prealtro è anche uno degli obiettivi degli imprenditori. Per noi tutelare e valorizzare le persone che lavorano nelle nostre aziende, vuol dire tutelare l’azienda stessa.
    D. Allora dove nascono i problemi con il sindacato?
    R. I problemi spesso sono ideologici, ma ci sono anche altri aspetti. A volte invece c’è una convergenza di intenti.
    D. Cosa intende con ideologici?
    R. Spesso alcuni sindacalisti non si sono aggiornati, e sono rimasti ancorati agli anni ’70. Il mondo, nel frattempo, è cambiato, e con quello è cambiata anche l’industria.
    D. Vuole dire che il sindacato è rimasto all’1.0, mentre ne servirebbe uno 2.0?
    R. Anche il 2.0 ormai è obsoleto. Si parla di industry 4.0, per questo dico che bisogna aggiornarsi e confrontarsi sulle basi della società attuale.
    D. Vuole dire che mentre il sindacato è rimasto fermo il mondo degli industriali si è aggiornato?
    R. Le industrie sono state obbligate a farlo per restare al passo coi tempi. Oggi ci si tiene aggiornati in continuazione, e anche la formazione per i dipendenti diventa fondamentale, perché è solo in questo modo che si può puntare sulla qualità, e quando si punta sulla qualità non si sbaglia mai.
    D. Quindi secondo lei il sindacato in questo è carente?
    R. Una fetta di sindacato, lo ripeto, non si è aggiornata, ed è rimasta indietro rispetto alla società e spesso anche rispetto ai lavoratori delle industrie che rappresenta. La cultura del fare impresa è importantissima, fondamentale. Non si può fermare. In provincia di Brescia ci sono aziende che hanno investito seriamente su formazione e innovazione, creando dei benefici anche ai dipendenti, non dimentichiamocelo. Bisogna andare dalla stessa parte perché solo in questo modo si tutela il lavoro.
    D. Quando è entrato nel direttivo di Aib che progetti aveva?
    R. Il mio progetto principale era quello di ben rappresentare i miei colleghi in tutti i tavoli che mi riguardano, non solo quelli provinciali. Volevo anche che ci fosse un confronto più schietto con i sindacati.
    D. E cosa dice della Fiom, il sindacato metalmeccanici della Cgil?
    R. C’è un confronto che prosegue, nonostante una serie di difficoltà. Fiom è molto radicata e chiede il massimo, spesso basandosi su vecchi elementi. A volte il confronto diventa difficile, quando vengono fatte una serie di richieste…
    D. La prima richiesta impossibilie che le viene in mente?
    R. Nei contratti di secondo livello, per esempio, Fiom chiede che l’azienda non riconosca la clausola del Job Act sui licenziamenti collettivi e su quelli individuali. Ora ditemi come un’impresa possa andare contro al proprio Paese. E’ una cosa inaccettabile. Senza contare il fatto che per un industriale il licenziamento è l’ultima soluzione. Poi c’è la questione sui premi fissi, che per le imprese sono difficili da sostenere. Noi vorremmo che i premi fossero variabili, calcolati cioè in base all’andamento dell’azienda: si calcola un bonus sulla base della ricchezza che si genera.
    D. Che opinione s’è fatto del segretario della Fiom Francesco Bertoli?
    R. E’ una persona con la quale si può parlare schiettamente. Ovviamente poi ci sono temi sui quali siamo agli antipodi. Non ho questioni personali con lui, ma spesso abbiamo idee che non coincidono.
    D. E in Iveco  che cosa succede? Secondo l’azienda sarebbero 700 gli esuberi.
    R. Non ne sono informato. Fiat-Iveco non fa parte di Confindustria quindi non parlo di questioni che non seguo e non conosco. Stesso discorso vale per Mercatone Uno e Media World.
    D. Il Tavolo provinciale sul lavoro invece segna il passo. Come mai?
    R. Il confronto c’è ed è una cosa positiva. Poi ci siamo un po’ arenati nell’ultimo periodo, ma ora il dialogo riprenderà.
    D. C’è un po’ di delusione intorno a questo tavolo…
    R. Ci sono state grandi aspettative, anche mediatiche, proprio perché in provincia di Brescia una cosa del genere non era mai stata pensata prima. Ma comunque prosegue e, tra un po’, produrrà i suoi frutti. I cambiamenti culturali sono lunghi da applicare ma in prospettiva portano dei benefici.
    D. Il presidente di Aib, Marco Bonometti, sostiene che le imprese italiane sono le più competitive al mondo. Lei è d’accordo?
    R. Le aziende italiane sono le più competitive del mondo perché abbiamo i lavoratori migliori del mondo. Il nostro Paese è improntato sul lavoro e i nostri tecnici sono estremamente qualificati.
    D. E secondo lei la ripresa segnalata da alcuni indicatori è reale oppure no?
    R. La ripresa c’è, ma serve un costo del lavoro più basso. Se oggi un lavoratore intasca 100 vuol dire che all’impresa costa ben più di 200. E’ troppo. Serve maggiore elasticità e poi bisogna tagliare la burocrazia. Lacci e lacciuoli spesso sono un grande impaccio.
    D. La sua opinione sul Job Act e sull’intervento del governo per stimolare l’occupazione?
    R. Devo dire che finalmente abbiamo un governo che ci ascolta. Può piacere o non piacere, ma il governo Renzi si sta muovendo. Tra luglio e settembre potremmo avere dei riscontri sugli effetti del Job Act, ma comunque credo che i benefici si vedranno e ci saranno. Certo, si tratta di un primo passo. La riforma del lavoro è ancora lunga.
    D. Parlando di Aib, da qualche tempo voi industriali avete deciso di uscire allo scoperto, dopo anni in cui l’associazione aveva sempre tenuto un profilo basso.
    R. E’ vero, e il merito è soprattutto del nostro presidente, Bonometti, e dei suoi collaboratori. Del resto noi pensiamo che il mondo dell’impresa debba dialogare e interfacciarsi con il resto della società civile, e devo dire che questo è stato fatto.
    D. Anche la Camera di commercio rientra in questo ambito?
    R. Senza voler entrare nel merito di ambiti che non mi competono, effettivamente il presidente Giuseppe Ambrosi è un rappresentante del mondo industriale, che porterà certamente un’impronta più concreta e imprenditoriale alla Camera di commercio, ente importantissimo per lo sviluppo dell’impresa.
    D. Anche a livello istituzionale, si nota che Aib partecipa in maniera più attiva. Un esempio è legato al fuori Expo, dove c’è stato un dialogo con l’amministrazione comunale di Brescia.
    R. Sì, diciamo che ora esiste con il Comune un confronto che prima non c’era. Senza entrare nel merito questa è una cosa positiva. Aib vuole contribuire al benessere del territorio, perché tutto è concatenato.
    D. E di Expo cosa dice?
    R. Che ha portato la provincia di Brescia sulla cresta dell’onda e l’immagine del nostro territorio ne avrà un grande beneficio. Ne approfitto anche per fare i complimenti ai miei colleghi che hanno realizzato l’Albero della Vita, che incarna perfettamente il sistema produttivo bresciano, fatto di imprenditori che non mollano mai, che hanno le idee chiare ma anche capacità tecniche per stupire.
    D. Torniamo alle relazioni industriali, in futuro come vede il confronto sindacale?
    R. Ci sono nuovi modelli e sistemi innovativi che sono molto incoraggianti. Si guarderà all’estero, ma non solo, e si rafforzerà il dialogo, non solo esterno, ma anche interno, e mi riferisco proprio al dialogo tra imprenditore e lavoratori. Questo naturalmente senza togliere nulla ai sindacati, che nel frattempo però dovranno scrollarsi di dosso una serie di retaggi ormai antiquati. Posso dire che il sistema tedesco è interessante, ma loro sono nord Europa, noi siamo sud Europa, e siamo diversi, è un fatto di cultura. Siamo in fase di cambiamento, comunque, e io credo che tra qualche anno il cambiamento ci sarà e sarà pure positivo.

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