Brixia, dove vivevano i vip in età Romana

I magistrati della città, che avevano stretti legami con le zone più centrali dell'impero, vivevano a ridosso del Foro.

Più informazioni su

    veduta-aerea-foro-romano-bresciadi Sergio Re
    Ogni accenno odierno alla Curia risveglia in noi un riferimento ecclesiastico; ciò nasce dal fatto che il termine ci giunge attraverso un tempo — il Medio Evo — nel quale la Chiesa, che lo aveva mutuato dalla vita civile, era poi rimasta l’unica a conservarlo. Dicono invece gli esperti che in epoca romana il termine curia (derivato da un latino co-viria) designasse semplicemente l’assemblea degli uomini delegati al governo della cosa pubblica e che, più tardi, il sostantivo sia passato a indicare anche il luogo nel quale si svolgevano queste adunanze. Insomma, se oggi esistesse ancora in italiano l’uso corrente non ecclesiastico del termine “curia”, verrebbe sicuramente impiegato per designare il palazzo romano di Montecitorio.
    Nell’antica Brixia, ormai assurta alla dignità di colonia e quindi di municipio, il governo locale non rinunciò a questo simbolo della romanitas recentemente acquisita e — a chiusura del lato meridionale del foro — fece erigere la Curia bresciana. Il ricordo di questo tempio della politica è oggi offuscato da costruzioni che vi si sono sovrapposte fagocitandolo e lasciandone intravedere appena alcuni elementi decorativi, non è improbabile tuttavia che in origine brillasse nello splendore del complesso monumentale cittadino.
    domus acquaSede quindi del governo, la Curia accoglieva le diverse magistrature dalle quali dipendevano le principali funzioni della vita pubblica. Vi facevano capo il controllo dell’igiene sociale e dei mercati, le direttive per la realizzazione dei lavori pubblici e per l’assegnazione degli appalti, l’amministrazione della giustizia, ma vi si svolgevano anche le riunioni dei decurioni, che costituivano quel senato locale i cui compiti specifici assomigliavano molto a quelli dell’attuale consiglio comunale.
    Ma chi erano questi magistrati bresciani? Naturalmente non abbiamo indicazioni precise. I documenti romani che ancora possediamo sono di natura esclusivamente epigrafica, per cui le descrizioni sono succinte e i riferimenti sintetici. Da queste pietre possiamo però ricavare che due erano le famiglie cittadine più in vista, i Minicii e i Nonii, ma oltre non si può andare. Il solo tentativo di ricostruire un loro ipotetico albero genealogico, sulla base dei ritrovamenti epigrafici, viene frustrato dalle difficoltà e dalle incertezze che l’onomastica romana dissemina sul percorso degli storici. Sappiamo tuttavia che esponenti di queste famiglie viaggiarono molto nell’impero e disseminarono di epigrafi non solo il suolo natio, se la dedica a un bresciano — redatta addirittura in greco — è stata rinvenuta ad Efeso.
    Molti di questi personaggi raggiunsero i vertici del cursus honorum romano, conquistando anche la carica di console e — tra questi — non possiamo dimenticare quel Minucius Macrinus che quando divenne princeps equestris ordinis e l’imperatore Vespasiano lo esortò ad accettare la carica di senatore a Roma, preferì abbandonare tutto e ritornare a respirare l’aria di casa sotto il Cidneo. domus dionisio brescia
    Siamo anche tentati di accusarlo di provincialismo, ma non dimentichiamo che all’ombra del colle di casa non c’erano solo la famiglia e gli affetti. Qui c’erano le ricchezze, i beni da curare, la campagna con le sue coltivazioni e l’industria. Tutto questo è testimoniato da una abbondante epigrafia che presenta associazioni professionali (collegia) di lavoratori del ferro (fabri), dediti alla estrazione e alla sua lavorazione, di falegnami (dendrophori), che dalla ricchezza dei boschi bresciani ricavava un onesto mestiere, di produttori di coperte (centonari) e di feltri (lanari coactores) e così molti altri i cui commerci erano la premessa per la scalata della piramide sociale, visto che la cittadinanza e il rango erano sempre e soltanto funzione del patrimonio maturato. Una importanza quindi la cui gestione poteva far dimenticare, e senza rincrescimento, le ambizioni politiche.
    Dove e come abitassero questi v.i.p. non è più un mistero. Zona deputata alla residenza di un certo rango sociale era ad esempio quel tratto di colle che risaliva, in leggero declivio a nord-est della città, immediatamente a ridosso del foro. Piacevolmente soleggiato, ancora oggi — questo polmone verde — gode di una confortevole ventilazione nei mesi più caldi. E, se anche in altre zone della città si svilupparono residenze di una certa importanza, sembra che in nessun luogo come qui la destinazione residenziale venisse per lungo tempo rispettata.
    32 Vista di una colonna del foro (14)I più recenti ritrovamenti — ribattezzati sulla scorta dei reperti rinvenuti Domus di Dionisio e Domus delle Fontane — hanno infatti accertato che i fabbricati di questa zona sono stati ininterrottamente occupati e destinati ad abitazione privata lungo l’arco di almeno 500 anni, tra il I secolo a. C. e il IV secolo d. C. Le pitture murali e i mosaici, ma in particolare la cospicua presenza delle fontane, ci danno la misura del tenore di vita delle famiglie che nel tempo vi si sono succedute. Il fatto è che la distribuzione di acqua in abitazioni private era espressamente proibita e — in ogni caso — subordinata ad una esplicita autorizzazione dell’imperatore. Una autorizzazione che era però nominale e andava rinnovata periodicamente o quanto meno alla morte del titolare del diritto. Questo naturalmente la dice lunga sul peso sociale della gente che vi abitava.
    Curiosando tra i vari reperti emersi da queste domus, non possiamo dimenticare alcune iscrizioni licenziose che vorremmo d’acchito deplorare per il basso profilo etico o per un supposto cattivo gusto provinciale, mentre nella realtà si ricollegano ad una lunga tradizione letteraria romana, che rimanda a Ovidio, a Properzio, a Tibullo, fino a Marziale e a Giovenale. L’aurea terra — dice uno di questi graffiti sulla parete di un locale riservato ai ricevimenti — ricopra le ceneri di colui che per primo t’insegnò a dimenarti come una vera donna! Ne emerge, quindi, la misura reale dei vertici di una società provinciale, disponibile a combattere nelle legioni, a trasferirsi sin oltre i confini conosciuti della terra, a mettere tutto il proprio ingegno nel sorreggere e migliorare le produzioni agricole o industriali, ma sempre protesa verso il modello romano, per cui anche nel divertimento e nei conviti, cerca l’avvallo di quegli atteggiamenti audaci della cultura dominante, che bacchettona sicuramente non era.

    Tempio repubblicano: il mistero della IV cella
    Il Cidneo e la forma storica di Brixia
    Il diritto latino, la via per diventare romani
    Il capitolium e la religione di Brixia
    Brixia, i culti celtici nella città romana
    Il foro romano, il fulcro dell’antica Brixia
    Anfiteatro Romano, leggenda o verità?

    Più informazioni su

    Commenti

    L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di QuiBrescia, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.