L’opposizione chiede la testa di Scalvini

Lega, Forza Italia e Cinque Stelle chiedono le dimissioni dell'assessore ai Servizi Sociali del Comune di Brescia, per "conflitto di interesse".

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    felice scalvini(red.) Le opposizioni in Loggia (Lega, Forza Italia, Cinque Stelle) chiedono le dimisisoni dell’assessore ai Servizi Sociali del Comune di Brescia, Felice Scalvini.
    Il motivo? Per “conflitto di interessi”. L’opposizione infatti punta il dito contro l’affidamento di alcuni bandi comunali alla cooperativa sociale Koinon, di cui è consigliere delegato Cinzia Pollio, la moglie dell’assessore. Tre i progetti contestati dai consiglieri d’opposizione: «Brescia città del Noi» che mirava a 2,1 milioni del bando Cariplo, «Cento leve» per l’inserimento lavorativo di giovani disoccupati e «8/18» per favorire il sostegno all’occupazione delle madri.
    Giorgio Maione, Adriano Paroli, Mattia Margaroli (Forza Italia), Nicola Gallizioli (Lega) e Laura Gamba (Cinque Stelle) chiedono al sindaco Emilio Del Bono, anche attraverso un’interrogazione specifica, «con quali modalità il Consorzio Koinon sia stato individuato come partner nei suindicati progetti» e «se l’individuazione sia avvenuta attraverso gara pubblica», ma anche «se vi sono altri accordi o rapporti di collaborazione «tra il Consorzio Koinon e il Comune di Brescia».
    I consiglieri Gamba e Gallizioli, in particolare, impugnano la Carta di Pisa, alla quale il Comune di Brescia ha aderito il 30 giugno 2014, nella quale le amministrazioni si impegnano a rispettare alcuni principi di trasparenza, citando l’articolo nel quel viene ricordato che risulta “conflietto di interesse” «la sussistenza di rapporti di coniugio, parentela o affinità entro il quarto grado (…) con persone operanti in organizzazioni specificamente interessate all’oggetto delle decisioni cui l’amministratore partecipa».
    Nel caso in cui si verificassero queste condizioni, l’amministratore deve rendere pubblica tale sussistenza ed «astenersi da qualsiasi deliberazione, votazione o altro atto del procedimento di formazione della decisione». Cosa che Scalvini non avrebbe fatto, partecipando al voto sugli affidamenti, anzichè, come stigmatizza l’opposizione in Loggia, astenersi dalla votazione stessa.

     

     

     

     

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