Commercio di armi: a che punto siamo?

Un incontro promosso da Opal a Brescia giovedì 5 marzo per fare il punto della situazione sulla campagna antimine in Italia e nel mondo.

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    mine(red.) Nell’ambito della serie di eventi promossi dall’ Osservatorio Permanente Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) in occasione del decimo anniversario dalla sua costituzione, giovedì 5 marzo (ore 17.45-19.30) presso la Sala Piamarta di via San Faustino 74 a Brescia si terrà il Convegno sul tema: “Mine antipersona, bombe a grappolo, trattato sul commercio di armi: a che punto siamo?”. Relatori dell’incontro sono Santina Bianchini (Presidente della Campagna italiana contro le mine), Roberto Cucchini (Direttivo di OPAL), Adriano Iaria (Ricercatore e collaboratore di OPAL) e, in collegamento via skype, Giuseppe Schiavello (Direttore della Campagna italiana contro le mine).
    «Siamo particolarmente orgogliosi – afferma Piergiulio Biatta, presidente di OPAL – di promuovere questo incontro perché le associazioni che fanno parte del nostro Osservatorio fin dagli anni novanta sono state in prima fila nel pro muovere le campagne della società civile che hanno portato a mettere finalmente al bando a livello internazionale le mine antipersona e le bombe a grappolo e per regolamentare il commercio di armi convenzionali. Inoltre, proprio l’impegno di ricerca indipendente e di documentazione costante sul commercio armi e sui traffici di armi leggere contraddistingue il nostro Osservatorio rispetto ad altri, spesso più blasonati, centri di ricerca nazionali: lo dimostrano i sei annuari che abbiamo pubblicato, di cui l’ultimo nel novembre scorso, che costituiscono una fonte di informazione di primaria importanza per ogni analisi di questi settori».
    Ad oggi 162 Stati hanno ratificato la Convenzione di Ottawa, ma 35 mancano ancora all’appello e tra questi alcuni dei maggiori produttori come la Russia, gli Stati Uniti, la Cina, l’India, il Pakistan mentre l’Ucraina, pur avendo ratificato la Convenzione, mantiene tuttora un consistente arsenale di mine. La Convenzione sulle bombe a grappolo è stata sottoscritta da 116 Stati ed è stata ratificata da 89 di questi. Anche in questo caso, mancano all’appello i maggiori paesi produttori tra cui soprattutto quelli già menzionati nel caso delle mine antipersona.
    «Si tratta di risultati importanti – commenta Santina Bianchini, Presidente della Campagna italiana contro le mine – ma l’impegno delle nostre campagne non è certo concluso. Occorre innanzitutto continuare a promuovere la pressione della società civile internazionale affinché tutti gli Stati, ed in particolare i maggiori produttori, firmino a ratifichino queste Convenzioni. E’ poi necessario sostenere l’opera di distruzione di questi ordigni e le attività di sminamento: non va infatti dimenticato che le mine antipersona e le bombe a grappolo continuano a mietere vittime e che ampi territori del Medio Oriente, del sub-continente indiano, del Sud-Est asiatico e dell’Africa centrale non sono stati ancora sminati».
    Come è noto, la provincia di Brescia è stata sede di una delle maggiori aziende di produzione di mine antipersona, la Valsella Meccano tecnica di Castenedolo, ed è tuttora sede di diverse industrie del settore militare (Oto Melara, RWM Italia, ecc.) e di numerose aziendeche producono armi leggere e di piccolo calibro.
    «Grazie all’impegno delle nostre associazioni – aggiunge Giuseppe Schiavello, Direttore della Campagna italiana contro le mine – l’Italia è passata dall’essere uno dei principali esportatori mondiali di mine antipersona ad uno dei bombe-a-grappoloPaesi maggiormente impegnati nello sminamento. Il Fondo per lo sminamento umanitario, però, è spesso instabile e necessita di stanziamenti certi. Ma non solo: occorre anche i mpedire che questi ordigni continuino ad essere prodotti all’estero: per questo nei giorni scorsi abbiamo lanciato una petizione per promuovere una legge nazionale che proibisca il supporto finanziario alla loro produzione».
    «Un altro importante risultato delle campagne internazionali – conclude Adriano Iaria, Ricercatore e collaboratore di OPAL – è il Trattato sul commercio di armi. Fortemente ostacolato da alcuni Paesi e soprattutto dalle lobby armiere statunitensi, è entrato in vigore lo scorso 24 dicembre: l’Italia e numerosi paesi europei lo hanno già ratificato e gli Stati Uniti, grazie all’impegno dell’amministrazione Obama, lo hanno firmato. E’ un nuovo e fondamentale capitolo degli sforzi internazionali per portare re sponsabilità, controllo e trasparenza nel commercio globale degli armamenti e per prevenire traffici e trasferimenti illeciti di armi».

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