Il Raffaello “ricostruito” in mostra a S. Giulia

"Raffaello. Opera Prima. Dal Louvre e dal Museo di Capodimonte" è allestita nel museo cittadino dal 29 gennaio al 6 aprile 2015.

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    mostra raffaello Brescia(red.) È stata presentata venerdì 23 gennaio alle 12, nella Sala Trivulzio del castello sforzesco di Milano, la mostra “Raffaello. Opera Prima. Dal Louvre e dal Museo di Capodimonte” alla presenza del vicesindaco e assessore alla Cultura Laura Castelletti, del direttore della Fondazione Brescia Musei Luigi Di Corato e dei curatori Paolo Bolpagni, Elena Lucchesi Ragni e Roberta D’Adda.
    L’esposizione, che dal 29 gennaio al 6 aprile 2015 sarà allestita al museo di Santa Giulia, ricomporrà alcune delle parti della Pala Baronci, accostando l’Angelo di Raffaello conservato nella pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia (ora nella sezione denominata “L’ospite eccellente” del museo di Santa Giulia) e quello del Louvre alle due parti custodite a Napoli.
    La storia di questa grande tavola, a partire da un preciso e terribile giorno, è travagliata: il 30 settembre 1789 un terremoto devasta l’Alta Valle del Tevere. Tra gli altri disastri, crolla la chiesa che ospitava da quasi tre secoli l’opera di Raffaello; l’altare dedicato a San Nicola è in rovina, e la pala, evidentemente, subisce gravi perdite e guasti strutturali. I padri agostiniani allora pensano di recuperare fondi per la ricostruzione del loro convento, e, d’accordo con la famiglia che nel frattempo era diventata titolare della cappella già dei Baronci, vendono il dipinto danneggiato al papa Pio VI (che aveva offerto per esso una notevole cifra), a patto di ottenerne una copia – della cui realizzazione è incaricato l’anziano artista Ermenegildo Costantini, che morirà nel 1791 poco dopo aver portato a termine l’impresa.
    A Roma l’opera è sezionata in vari pezzi (quelli meglio conservatisi dal terremoto) dal pittore Giovan Battista Ponfreni, ma il pontefice non ha modo di godere a lungo di questi superstiti frammenti del giovanile capolavoro di Raffaello: nel 1798 arrivano i soldati napoleonici, s’instaura l’effimera Repubblica Romana, e le diverse parti di quella che era stata la pala Baronci, che probabilmente erano state tutte trasformate in ‘quadri da stanza’, prendono strade differenti e vanno via via disperse, fino a che di esse si perde memoria.
    Il filo della nostra storia riprende nel 1821, quando il nobile e collezionista Paolo Tosio, cui si deve in larga parte il patrimonio della Pinacoteca di Brescia, s’invaghisce di un piccolo dipinto ritenuto da alcuni della prima maniera di Raffaello, e lo compra tramite l’intermediazione di un mercante fiorentino; ma sarà soltanto nel 1912 c he lo studioso tedesco Oskar Fischel riconoscerà in esso l’Angelo della perduta ‘opera prima’ di Raffaello, e lo collegherà a due altri frammenti, le figure del Padre eterno e della Vergine Maria, che erano finiti a Napoli nel Museo di Capodimonte, scambiati per lavori di un non megl io precisato allievo del Perugino.
    L’ultimo ritrovamento è relativamente recente: nel 1981 un tassista porta al Louvre la fotografia di una tavola, un altro Angelo, ereditato da una parente, monaca in un convento del sud della Francia. Sylvie Béguin, conservatrice del dipartimento di pittura italiana del museo, lo riconosce, e comunica al mondo la scoperta.
    Oggi, grazie a questa mostra, questi tasselli si ricongiungono, insieme con la copia tardo- settecentesca di Costantini (documento utile per immaginare come fosse la composizione originale d’insieme dell’opera) e con un preziosissimo e mirabile disegno preparatorio della pala Baronci proveniente dal Palais des Beaux Arts di Lille. L’occasione di questa straordinaria ricomposizione è servita ad avviare nuovi studi, indagini, approfondimenti intorno alla figura di Raffaello (nel quale vediamo giustamente uno dei vertici del Rinascimento italiano e dell’intera storia della civiltà europea, una sorta di Mozart della pittura, universale e irraggiungibile, soave e forte al contempo, sul quale tanto è stato scritto, ma tanto c’è ancora da indagare, analizzare, meditare): sulla formazione, sull’attività, sullo stile del giovane Raffaello (questioni trattate da Vittoria Garibaldi e Giovanni Luca Delogu nel saggio introduttivo in catalogo); sulle vicende del dipinto (nel secondo testo, di Elena Luchesi Ragni); sul gusto collezionistico di Paolo Tosio e della Brescia della prima metà dell’Ottocento, dove dominava il classicismo ed era fortemente presente il ‘culto’ di Raffaello (tema sviluppato nell’ultimo saggio in catalogo, di Roberta D’Adda).

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