Lettere al direttore

«Petizione coppie di fatto, la posizione del Pd Brescia»

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    coppia-gayEgregio Direttore,

    senza nulla togliere al valore, anche ideale, del dibattito in corso a Brescia sulle Unioni Civili, tantomeno sottovalutare divisioni presenti anche nel PD e nel Centro Sinistra, vorrei limitarmi ad un problema di metodo e riferire dell’unanime decisione della Direzione Regionale del PD.
    Questione di metodo. Se il nostro dibattito si mantenesse sui temi di riforma per i diritti civili, va detto ch’essi troveranno soluzione solo in sede di legislazione nazionale. Forse. Perché l’affossamento del PdL Cirinnà e il “patto del Nazareno” allontanano a dopo le elezioni la soluzione. Foss’anche quella d’un modello tedesco, richiamata da Renzi.
    Se, viceversa, viene compiuto uno sforzo per poter circoscrivere un ambito locale su cui fare un seppur limitato passo in avanti per assicurare un accesso ai servizi locali, senza discriminazioni, allora diventano praticabili proposte concrete. Delimitate, ma positive. E, voglio sottolinearlo, richiamando il solo 17° punto del Documento sottoscritto da un gruppo di cattolici bresciani (senza quindi scomodare polemiche sugli altri 16). Tale paragrafo che – dopo aver da parte mia trasformato in affermazione l’agguerrita retorica delle sue due puntute negazioni – dice semplicemente che gli enti locali possono deliberare ciò ch’è consentito dalla legge. Sembra ovvio, ma in tempi di cecchini e di sentinelle non lo è.
    A ben guardare, la Petizione in discussione in Loggia, pur essa sfrondata dai temi di carattere nazionale (legittimi, ma con soluzioni romane) offre concrete proposte, quella del “Registro delle coppie di fatto” e quella dell’esplicito riconoscimento delle “ famiglie anagrafiche”, per poter assicurare un accesso ai servizi comunali senza discriminazioni.
    Sulla prima proposta ho una qualche obiezione sull’efficacia. E mi pare anche già superata dopo l’intervento del Capogruppo Capra nella riunione della Commissione Statuto di dicembre. Mentre la seconda, già peraltro realizzata dal Comune di Brescia in molti settori come ragionevole prassi, è del tutto praticabile. Appunto nell’ambito della legge (DPR 223/1989), supportata da pronunciamenti del Consiglio di Stato (n.770/1994) e della Corte di Cassazione (n.4184/2012). E persino da regolamenti d’epoca formigoniana (ed è tutto dire!) in Lombardia (Reg. n. 1/2004).
    Con possibili modalità di realizzazione, sostenute da un’apposita Raccomandazione, votata in Consiglio, e da una Deliberazione d’indirizzo amministrativo, assunta dalla Giunta. O da percorsi simili, già positivamente ipotizzati dallo stesso presidente Ungari, sempre in sede di Commissione Statuto, che rappresentano un auspicabile passo in avanti per il superamento di discriminazioni.
    Capisco le incertezze. Un po’ meno il perdurare dei lavori in corso sulla Petizione da ormai sette mesi, quando una soluzione positiva, anche per il fattivo concorso dei proponenti stessi della Petizione, è da tempo a portata di mano. Volendo. Questo, pur tra polemiche, il punto da tener ben fermo.
    Questione politica. La Direzione regionale del PD all’unanimità ha approvato un preciso indirizzo. “I Comuni- rileva la Direzione – nell’ambito delle proprie competenze… dovrebbero promuovere le pari opportunità, prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione nei confronti delle famiglie di fatto, favorendone l’integrazione sociale e prevenendo forme di disagio”. Essa chiede inoltre ai Comuni di votare “ordini del giorno” per una rapida normativa nazionale, dopo aver considerato positivamente “che da anni ormai i Comuni cercano, attraverso i registri delle coppie di fatto e l’adeguamento dei propri regolamenti comunali, di estendere tali diritti”. Con relativa necessità, a mio parere, d’un analogo pronunciamento anche in sede di Direzione provinciale del PD.

    Claudio Bragaglio   (della Direzione provinciale PD)

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