Sclerodermia, la riabilitazione alla Città di Brescia

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    sclerodermia(red.) Nonostante 15 mila casi in carico agli ospedali di tutta Italia, che potrebbero essere almeno il doppio secondo le associazioni che riuniscono i malati, la sclerosi sistemica, comunemente nota come sclerodermia, è ancora considerata una patologia «minore». Riconosciuta come malattia rara da due sole regioni (Piemonte e Toscana), ha un’incidenza di 1-2 casi ogni centomila persone. In Italia la prevalenza della malattia è di 3 persone malate su 10.000. Uno studio condotto nel 2007 dalla Clinica di Reumatologia dell’Università degli studi di Brescia ha mostrato che nella nostra provincia vivono circa 300 persone affette da questa patologia che colpisce prevalentemente le donne, di età superiore ai 40 anni (sebbene possa verificarsi a qualsiasi età), con un rapporto femmine/maschi di 9 a 1.
    La sclerodermia provoca in chi ne è affetto una fibrosi, vale a dire il deposito eccessivo nei tessuti di una particolare proteina (collageno), e può interessare non solo la cute, ma anche cuore, reni, polmoni, tubo digerente. Ad oggi sono ancora ignote le cause che ne determinano l’insorgenza e non esiste una cura definitiva. Così, per rallentarne il decorso, è possibile ricorrere unicamente a trattamenti sia medici che riabilitativi. Diventa, quindi, fondamentale potersi rivolgere a strutture in grado di offrirli.
    Il reparto di Recupero e rieducazione funzionale dell’Istituto Clinico Città di Brescia, spiega Andrea Malvicini, che lo dirige dal 1995, «garantisce un progetto riabilitativo individuale in grado di rallentarne il decorso». Di questo si occupa la dottoressa Chiara Maria Antonioli e alcuni terapisti che si sono specializzati e lavorano in collaborazione con la Clinica di Reumatologia dell’Università e con il Gils (Gruppo italiano per la lotta alla sclerodermia Onlus).
    «Si tratta di una patologia cronica ed evolutiva a patogenesi autoimmune – prosegue Malvicini -, per la quale non esiste cura, ma che può trarre beneficio da trattamenti specifici e individualizzati che ne controllino i diversi sintomi». Trattamenti nei quali l’Unità operativa di Riabilitazione della Città di Brescia si è specializzata. Ma non solo, perché «nel reparto vi sono anche 34 letti destinati ai pazienti politraumatizzati o che abbiano subito interventi di artroprotesi o di riduzione di fratture e una sezione specialistica con 34 letti di neuro-riabilitazione, dotata di 24 letti monitorizzati per pazienti con gravi cerebrolesioni – spiega ancora il responsabile del reparto -, vale a dire pazienti in coma e post coma che in seguito a traumi cranici, traumi midollari, ictus vascolari, gravi polineuropatie hanno bisogno di una costante assistenza, un controllo clinico continuo e di una rieducazione globale». Vi sono, poi, 10 letti dove questi pazienti vengono trasferiti se migliorano per completare il recupero dei gravi problemi motori legati a paresi, spasticità muscolare, disturbi del linguaggio e dell’alimentazione.
    In questa sezione di neuroriabilitazione, prosegue Malvicini, «arrivano i pazienti dalle diverse rianimazioni degli ospedali cittadini ed anche da quelle di altri ospedali di tutto il territorio nazionale».
    I pazienti iniziano quindi un lungo e complesso percorso riabilitativo, trovando in Città di Brescia tutto quanto necessario sul fronte assistenziale con medici, infermieri, fisioterapisti, logopedisti e psicologi dedicati. «E’ indispensabile inoltre prendersi cura della famiglia che, vicino al paziente, condivide una situazione delicata. Per questo – sottolinea Malvicini – in reparto opera anche una psicologa specializzata nel sostegno e nell’affiancamento dei famigliari».

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