Ubi, accordo con Lussemburgo per eludere fisco?

L'istituto fra le 340 multinazionali che avrebbero sottoscritto accordi fiscali con il Granducato per pagare meno tasse.

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(red.) Mentre Ubi Banca sta mettendo sul tavolo la trattativa sul Piano di ristrutturazione presentato dal Gruppo, che prevede la chiusura di 114 punti operativi, l’istituto di credito italiano figurerebbe tra le numerose società italiane facenti parte di una lista, resa nota nei giorni scorsi, di 340 multinazionali che avrebbero sottoscritto accordi fiscali favorevoli con il Granducato di Lussemburgo per pagare meno tasse, di fatto sottraendo introiti agli Stati di provenienza.
Il faro si è acceso sul Lussemburgo e sul suo ex-premier, Jean-Claude Juncker, e attuale presidente della Commissione Ue, per l’inchiesta sugli accordi fiscali tra il Granducato e 340 multinazionali, tra cui alcune italiane, per risparmiare sulle tasse.
Sul Granducato pende l’accusa di essere al centro di un sistema di massiccia elusione, in base ai sei mesi di indagini e alle 28mila pagine di documenti raccolte dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij), organismo che ha sede a Washington. I risultati dell’inchiesta, battezzata ‘LuxLeaks’, sono stati pubblicati da 40 media internazionali tra cui Le Monde, The Guardian, il Suddeutsche Zeitung, l’Asahi Shimbun e – per l’Italia – L’Espresso.
Secondo l’Icij gli accordi segreti, intervenuti tra il 2002 e il 2010, riguardano miliardi di euro di entrate fiscali sfuggite agli Stati dove le multinazionali realizzano i guadagni per essere assoggettate all’assai più favorevole regime lussemburghese. Il sistema fa perno – secondo Icij – sul cosiddetto ‘tax ruling’, norma che è legale in Lussemburgo e permette a un’azienda di chiedere in anticipo come sarà trattata dal fisco del Granducato e ottenere alcune garanzie giuridiche.
Tale pratica influenza il modo in cui le multinazionali ripartiscono i loro utili imponibili tra le filiali situate nei vari Paesi, per trarre vantaggio dalle aliquote più convenienti in nome della cosiddetta ‘ottimizzazione fiscale’ che permette di risparmiare sulle tasse. Tra i gruppi che si sarebbero avvantaggiati degli accordi riservati con il fisco lussemburghese Icij cita colossi planetari quali Apple, Amazon, Ikea, Pepsi, Aig, Heinz il gotha della finanza francese – con maggiori o minori gradi di implicazione – svariati big britannici tra cui Vodafone, Hsbc e Burberry. Nel capitolo Italia, Icij indica Intesa Sanpaolo, Unicredit, Finmeccanica, Banca delle Marche, Ubi, Banca Sella, la Banca popolare dell’Emilia Romagna e anche una serie di gruppi esteri che operano nella Penisola tra cui l’immobiliare Hines, per un totale di una trentina di aziende. Sul sito di Icij sono ancora vuote quattro caselle italiane che – promette il Consortium – verranno riempite nei prossimi giorni.

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