Spesa comunale: Brescia rigida, ma non troppo

Openbilanci ha calcolato il margine di manovra con cui la Loggia può eventualmente intervenire per diminuire le spese di gestione.

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(red.) Quanto pesano le spese “rigide” su un bilancio comunale? Che margine di manovra hanno i sindaci italiani? Per la maggior parte dei Comuni italiani la risposta è «molto poco». Per oltre 300 Comuni, la risposta è «nessuno».
Le spese di un Comune, come spiega la Piattaforma OpenPolis,  si possono dividere in due categorie, quelle rigide, che non permettono molto spazio di manovra (almeno nel breve termine), e quelle flessibili, su cui si possono basare molte delle decisioni politiche del primo cittadino. Nella prima categoria rientrano la spesa per il personale e la spesa per il rimborso di prestiti, due aree che, se non nel lungo termine, non consentono molti cambiamenti drastici.
Diventa quindi interessante capire quale sia il rapporto fra queste due categorie, specialmente tenendo in considerazione le entrate.  Uno degli indicatori di openbilanci calcola proprio questo. Con la rigidità della spesa si misura il margine di manovra con cui il Comune può eventualmente intervenire per diminuire le spese di gestione.
E’ calcolato in percentuale: maggiore è la percentuale, più la spesa è rigida e le possibilità di intervento ridotte nel breve termine. L’idea è di andare a vedere quante delle entrate siano “bloccate” da spese che comunque andranno e vanno fatte.
Le grandi città italiane, con una popolazione di oltre 200.000 persone, mediamente “bruciano” il 30-40% delle proprie entrate in spese rigide. Le migliori tre sono Milano (25,59%), Roma (22,83%) e Bari (20,96%). La medaglia di bronzo nella classifica delle grandi città con più spese rigide va a Torino, con il 58,30%. Le prime due posizioni vanno a Catania e Messina, rispettivamente con il 108,89% e Messina con il 119,57%. In pratica nelle due città siciliane le spese rigide eccedono le entrate, in una situazione che vuol dire semplicemente una cosa: debito.
Brescia si piazza al 119esimo posto della graduatoria generale per municipi con lo stesso numero di abitanti (finoa  200mila), con il 22% (calcolato all’epca della aministrazione di Adriano Paroli) dell’indice di rigidità di spesa, in salita rispetto alla analisi precedente. Ma, nella analoga classifica regionale, invece, è al 13esimo gradino (su 14 amministrazioni analizzate), con indice che si colloca al 27%. Al primo posto è il Comune di Rho con un indice addirittura doppio rispetto alla Loggia (45,06%).
La diagnosi generale è semplice: si spende di più di quelle che entra, solamente considerando le spese rigide. Una “malattia” che affligge moltissimi comuni del nostro Paese. Degli oltre 8.000 comuni italiani, 367 hanno spese rigide superiori alle entrate. Di questi 18 hanno oltre 50.000 abitanti, e 10 sono capoluoghi di Provincia.
Questi dati sono importanti da considerare quando si va a giudicare il mandato di un Sindaco. E’ ovviamente molto limitante sapere che il 30%-40% (se va bene) delle proprie entrate sono bloccate in spese di gestione, e soprattutto è molto allarmante scoprire che quasi il 4% dei Comuni italiani è “in debito” solamente considerando le spese rigide.

 

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