Longevità: su Nature studio dell’Uni Bs

Sulla prestigiosa rivista un nuovo paradigma scientifico che trasformerà la pratica medica finalizzata al contrasto dell'invecchiamento.

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(red.) Salute e longevità: Nature pubblica uno studio dell’Università degli Studi di Brescia relativo a un nuovo paradigma scientifico che trasformerà la pratica medica.
«Per aumentare la durata della vita in salute e ridurre i crescenti costi sanitari è essenziale che la ricerca biomedica si focalizzi su quegli interventi che rallentando i processi d’invecchiamento posticipano o prevengono tutte le malattie croniche» afferma Luigi Fontana, professore ordinario di medicina e nutrizione presso l’Università degli Studi di Brescia e la Washington University in St. Louis, Missouri (Usa).
L’invecchiamento, insieme alle patologie che ad esso si associano, stanno diventando una delle sfide cruciali che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi anni. Il numero degli anziani è quasi triplicato negli ultimi 100 anni, così come il numero di ultrasessantacinquenni affetti da multiple patologie croniche. Circa il 90% degli anziani è affetto da almeno una malattia cronica e il 70% ne ha due o più, principalmente patologie cardiovascolari, tumorali e metaboliche, responsabili di circa il 70% delle cause di morte in Italia.
In un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature il prof. Fontana e i suoi colleghi descrivono un nuovo paradigma scientifico che partendo dai meccanismi biologici che regolano l’accumulo di danno tissutale trasformerà profondamente la pratica medica.
Gli studi preclinici hanno chiaramente dimostrato come la restrizione calorica, ed alcune mutazioni genetiche ed agenti farmacologici che riducono l’attività di vie di segnale metaboliche ancestralmente conservate possono aumentare la durata della vita fino al 50% e ridurre drasticamente l’incidenza della maggior parte delle malattie croniche associate all’invecchiamento.
«Gli studi sulle scimmie e sull’uomo- continua Fontana- hanno confermato l’effetto protettivo di questi interventi nutrizionali contro i tumori, le cardiopatie, il diabete e le malattie neurodegenerative». Ulteriori studi sono certamente necessari, ma la massa di informazioni già in nostro possesso suggerisce che molti trattamenti possono essere già implementati nella pratica clinica per ridurre le comorbidità e prolungare la durata della vita libera da malattie nell’uomo.
Il vero problema è che la maggior parte della ricerca scientifica, il modello d’insegnamento universitario e la professione medica si concentrano sul trattamento delle singole patologie, come per esempio la demenza o lo scompenso cardiaco, e non sulla prevenzione delle cause metaboliche e molecolari dell’invecchiamento umano. «L’approccio incentrato sulla cura della malattia cronica ha mostrato una efficacia limitata ed è ormai tempo di cambiare strada– afferma il Prof. Sergio Pecorelli, Rettore dell’Università degli Studi di Brescia – si deve passare da un modello didattico e sanitario incentrato sulla patologia ad un modello focalizzato sulla promozione della salute».
Proprio la longevità in salute, insieme ad ambiente, tecnologie biomediche e stili di vita, rappresenta uno dei quattro temi del progetto Health&Wealth, approvato dal Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo bresciano il 26 maggio scorso. L’iniziativa vuole fare diventare Brescia la prima Università tematica e centro di riferimento internazionale focalizzato sulla salute dell’uomo e dell’ambiente e lo sviluppo sociale ed economico ecosostenibile del territorio.
«I cambiamenti demografici in atto nel mondo intero e i costi sempre crescenti dei sistemi sanitari indicano che il passaggio verso un approccio biogerontologico alla salute non solo è richiesto, ma sarà ineludibile» conclude Fontana. Le già consistenti e chiare scoperte derivanti dalla ricerca sui meccanismi biologici che regolano i processi d’invecchiamento confermano che tale campo è pronto ad assumere un ruolo di leadership nell’ambito biomedico, avendo come obiettivo finale la promozione della salute in tutte le fasce d’età e, se fornite risorse adeguate, sembra essere in grado di rivoluzionare la medicina.

 

 

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