«Gli indizi convergono su Maggi e Tramonte»

I giudici della Corte di Cassazione hanno diffuso le motivazioni allegate alla sentenza del 21 febbraio. «Ma non è una pronuncia di colpevolezza».

(red.) Dopo quasi due mesi dalla sentenza sulla strage di piazza Loggia, la Corte di Cassazione ha diffuso le motivazioni che hanno portato alle decisioni dei giudici.
A carico di Carlo Maria Maggi «vi sono moltissimi indizi che paiono essere convergenti verso un suo ruolo determinante nell’organizzazione della strage», mentre non sembra «esservi un’ipotesi alternativa a quella accusatoria che possa fare da filo conduttore per tutti gli indizi enumerati». Questo il motivo per cui la V sezione penale della Cassazione spiegando perché il 21 febbraio scorso decise di annullare con rinvio le assoluzioni pronunciate in appello nei confronti dei neofascisti Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte nel processo sulla strage di piazza della Loggia, avvenuta il 28 maggio 1974 a Brescia, in cui persero la vita otto persone e un centinaio rimasero ferite.
Le conclusioni della Corte d’appello in merito all’alibi dell’imputato «sono assolutamente illogiche ed apodittiche», si sottolinea nella sentenza depositata oggi, e «la sua eventuale presenza in piazza della Loggia la mattina della strage non potrebbe certo liquidarsi come una mera coincidenza».
Infine, i giudici di piazza Cavour dedicano parte della sentenza (lunga 84 pagine) alle posizioni di Francesco Delfino (78 anni, generale dei carabinieri e capitano a Brescia nei giorni della Strage) e Delfo Zorzi, da anni imprenditore in Giappone, le cui assoluzioni sono divenute definitive. «Il quadro probatorio a carico di Delfino – si legge nella sentenza – si presenta piuttosto labile, soprattutto con riferimento alla gravità degli indizi e alla loro capacità dimostrativa»; per quanto riguarda Zorzi, la Cassazione ritiene «motivato in modo logico e approfondito» il passaggio della sentenza d’appello secondo cui non fu lui a consegnare l’esplosivo.
Ma in conclusione i togati specificano anche meglio il significato concreto della decisione. «Questa sentenza – scrivono – non è una pronuncia di colpevolezza, nè un invito alla revisione dell’esito assolutorio, bensì rappresenta uno stimolo ad una nuova valutazione, emendata degli errori riscontrati, degli elementi probatori».

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