«Lei è in arresto. Anzi no, ci siamo confusi»

Al termine del convegno all'Università il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura è stato condotto in Questura. Poi il rilascio per intervento di un magistrato.

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    (red.) «Lei è in arresto. Anzi no, ci siamo confusi».
    Potrebbe essere uno scherzo, ma non dev’essere stato divertente per Luigi Bonaventura vedersi accompagnare in Questura.
    Il collaboratore di giustizia era stato invitato dalla facoltà di Giurisprudenza di Brescia a discorrere della mafia. Tema dell’incontro «Dentro la ‘Ndrangheta», inserito nel ciclo: «La mafia a 100 passi da casa nostra». Al termine della conferenza però, gli si sono fatti incontro alcuni agenti della polizia di Brescia, che lo hanno invitato a seguirlo in Questura.
    Il fatto risale a venerdì scorso, ma solo un’agenzia domenica scorsa ha informato dell’accaduto. A quanto  si è appreso però,  la polizia bresciana non avrebbe alcuna responsabilità, ma si tratterebbe di un errore d’archiviazione del caso. In ogni caso, in difesa degli agenti vanno le stesse dichiarazioni di Bonaventura: « gli agenti della Questura impegnati in questa vicenda, avendo intuito che il mandato di cattura risalente addirittura al 2003 presentava degli aspetti anomali, si sono comportati in maniera garbata e tranquilla».
    A rimediare completamente alla pesante gaffe, ci ha pensato l’ un magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Come si dice: tutto è bene quel che finisce bene.

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