Alto Garda bresciano: “Stop ai cinghiali”

Con una richiesta alla Regione, la Comunità Montana chiede di classificare il territorio “non idoneo” alla presenza dei suidi, favorendo l’eradicazione della specie.

(red.) Invertendo la rotta rispetto da quanto stabilito dalla Giunta precedente, la Comunità montana ha chiesto che il territorio del Parco dell’Alto Garda sia classificato come “non idoneo” alla presenza del cinghiale. La richiesta, deliberata nei giorni scorsi, è rivolta alla Regione, che sta pianificando le linee guida per la gestione faunistica e venatoria del cinghiale sul territorio lombardo.
Tra aree “idonee” e “non idonee”, la differenza sostanziale: nelle prime la presenza del cinghiale è ritenuta compatibile con le attività agricole e la tutela dell’ambiente, mentre nelle seconde vale l’esatto contrario. Nelle zone idonee l’obiettivo della gestione della specie è il mantenimento della densità di popolazione entro valori definiti, mentre in quelle non idonee l’obiettivo è l’eradicazione, o quasi, della specie.
Infine, e qui sta il nocciolo della questione, nelle aree ritenute idonee la gestione è di tipo venatorio, cioè si concede la caccia al cinghiale, mentre in quelle non idonee si attua un’attività di contenimento che va oltre la normale pratica venatoria.
Il contenimento può essere praticato sempre (quindi non solo nei periodi di caccia) e non presuppone limiti al numero di capi che è possibile abbattere e può essere effettuato anche nelle zone dove la caccia è di norma proibita, come le aree del parco naturale e quelle demaniali.
Ѐ prevedibile che la richiesta di classificare il Parco come area non idonea possa suscitare le proteste dei cacciatori, ma la Comunità montana, ente gestore del Parco, delle riserve naturali, delle aree Natura 2000, Zps (Zone a protezione speciale) e Sic (Siti di interesse comunitario), è decisa a dichiarare guerra alla specie invasiva.
Come ha spiegato il presidente della Comunità montana, Davide Pace, la presenza del cinghiale vanifica in buona parte le esigenze di conservazione e miglioramento degli ecosistemi, oltre che incidere profondamente sull’economia rurale del territorio, e dunque non può e non deve essere ritenuta, nei limiti di una gestione tecnicamente possibile, compatibile col territorio in questione.
Nella delibera attraverso la quale la Comunità montana ha chiesto alla Regione di classificare il Parco come area non idonea si sottolinea come il fenomeno dell’espansione del cinghiale abbia prodotto in maniera sempre più evidente danni alle coltivazioni agricole e agli ambienti naturali, con ripercussioni pesanti sul turismo e ponendo problematiche in ordine di sicurezza. Inoltre, è stato ricordato che i pur notevoli abbattimenti effettuati in regime di attività venatoria dai cacciatori del locale Comprensorio alpino di caccia C8, e in regime di controllo numerico effettuato dalla Provincia di Brescia non hanno prodotto risultati sufficienti ad evitare diffusi e spiacevoli fenomeni di danneggiamento.

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