Pil pro capite: Brescia è 16esima

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    bresciacentrobsmini.jpgSecondo i dati di Unioncamere la Leonessa d'Italia, in 15 anni, ha perso una posizione.


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    (g.a.) Il vento della ripresa italiana nel 2011 soffierà da Nord-Ovest con una crescita del Pil nell’area dell’1,6% contro una media nazionale prevista dell’1,3%.
    E’ qui, infatti, che la macchina dell’economia sembra destinata a procedere a passo più spedito come evidenziato dai dati di Unioncamere e Prometeia, diffusi in occasione della 132esima assemblea dei presidenti delle Camere di commercio a Firenze (leggi qui).
    Mentre nel 2010 il risveglio dalla crisi sembra aver interessato prima e con maggior intensità il Nord-Est (+1,8% l’aumento del Pil atteso per il 2010 a fronte di un incremento medio dell’1,2%), secondo quanto emerso nell’indagine, nel 2011 saranno le regioni del Nord-Ovest quelle che, nel complesso, dovrebbero registrare le performance migliori, tallonate a brevissima distanza da quelle del Nord-Est (+1,5%).
    Alle spalle della Lombardia, che dovrebbe imporsi con un +1,8%, l’Emilia Romagna con un +1,6%. Quindi, a pari merito, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, dove il Prodotto interno lordo dovrebbe crescere dell’1,5% nel 2011. Decisamente più lenta la ripresa al Centro (+1,1%), con le sole Marche a superare, sebbene di poco, la media nazionale (+1,4%).
    Nel Mezzogiorno la crescita arranca (+0,8%), con la Sicilia (+1,1%) che spinge più delle altre e la Campania (+0,5%) come fanalino di coda.
    Occhi puntati sulle esportazioni, che, dopo il sensibile recupero atteso per quest’anno (+7,3% il dato stimato per il 2010), dovrebbero proseguire la loro corsa nel 2011, mantenendo un ritmo di crescita ancora consistente (+5,2%). Le attese migliori si confermano ancora quelle del Nord-Ovest (+6,1%), seguite da quelle del Nord-Est (+5,7%), a distanza si trova il Centro Italia (+3,8%) e il  Sud (che chiude con un +2,6%.
    La Lombardia segna un netto recupero delle esportazioni rispetto al 2010: +7% l’aumento atteso nel 2011 dopo il 4,2% con il quale dovrebbe chiudersi il 2010. Alle spalle di questa regione e su valori superiori alla media nazionale si dovrebbero posizionare il Veneto (+6,3%), l’Emilia Romagna (+5,9%), la Calabria (+5,4%). Molise (0%) e Valle d’Aosta (+0,5%) mostreranno invece una sostanziale staticità.
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    A rendere meno incisivo il consolidamento della ripresa saranno però soprattutto i consumi interni, che in tutte le ripartizioni dovrebbero registrare nel 2011 incrementi piuttosto modesti (+0,7% il dato medio). Sopra la media si dovrebbero collocare soprattutto le regioni del Centro (+0,9%), seguite da quelle del Nord-Est (+0,8%).
    Tra le regioni, gli andamenti migliori sono attesi in Trentino-Alto Adige, Lazio ed Umbria (+1,0%), mentre Sardegna, Molise e Abruzzo hanno il fiato un po’ corto con una crescita dello 0,3%.
    Sembrano destinati a continuare il loro percorso di risalita gli investimenti fissi lordi (+2,5% atteso nel 2011), rafforzando così il recupero previsto per il 2010 (+2,2%). Il Nord investe di più (+2,7% in entrambe le ripartizioni) seguito dal Centro (+2,5 e, a distanza, dal Mezzogiorno (+2,0%). A livello territoriale, emerge l’Emilia-Romagna (+3,0%), a breve distanza ci sono poi Piemonte e Lombardia (+2,8%). Sul fronte opposto si collocano invece Molise (+1,5%) e Calabria (+1,6%).
    L’assemblea dei presidenti delle camere di Commercio ha poi analizzato l’andamento del Pil in 15 anni di storia italiana.  C’è una sola provincia in cui le cose non sono cambiate ed è Milano, prima nella classifica per Prodotto lordo interno pro capite nel 1995, prima in quella del 2009, con oltre 36500 euro di ricchezza per persona.
    Nella graduatoria delle province più ricche d’Italia nel 2009, dopo il capoluogo lombardo si incontrano Bolzano (migliorato di 4 posizioni rispetto al 1995), Bologna (+1), Aosta (-2). Roma, quinta per ricchezza prodotta nel 2009, recupera sette posizioni inserendosi, unica città del Centro, tra le capolista.
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    E Brescia? Se Milano ha mantenuta salda la leadership in questi 15 anni, la Leonessa d’Italia è 16esima, perdendo in tre lustri una sola posizione con 30205 euro di Pil pro capite, stretta tra Piacenza, che la precede a breve distanza con 30210 euro ma con ben 12 posizioni guadagnate, e Reggio Emilia al 17esimo posto che, invece, è scesa di ben 12 gradini dal 1995.
    I miglioramenti più significativi sono quelli di Rimini, Trieste e Lucca saliti nel 2009 di una trentina di posizioni rispetto al 1995, mentre Pordenone, Biella e Lodi hanno perso oltre 20 posizioni.
    La ricerca mette in luce, ancora una volta, come il Bel Paese viaggi a marce diverse: lo scorso anno il Pil pro capite del Mezzogiorno (17mila euro) si è rivelato poco più della metà di quello del Centro-Nord (attorno ai 29mila euro), risultando inferiore di oltre il 30% rispetto a quello medio nazionale (25mila euro).
    Del resto, le prime dieci province con il Pil per abitante più elevato (Milano, Bolzano, Bologna, Aosta, Roma, Modena, Bergamo, Mantova, Rimini, Forlì-Cesena) appartengono tutte, ad eccezione di Roma, al Settentrione, presentando valori che vanno dai 36530 di Milano ai 30724 di Forlì-Cesena. A queste, si contrappongono nelle ultime dieci posizioni tutte province del Meridione (Brindisi, Foggia, Napoli, Trapani, Vibo Valentia, Enna, Caserta, Crotone, Agrigento, Carbonia-Iglesias), con valori oscillanti tra i 16020 di Brindisi ed i 14.346 di Carbonia-Iglesias. Escludendo Roma, la prima provincia del Centro in graduatoria risulta Firenze (al 18esimo posto) con un pro capite di 30mila euro, mentre la prima del Mezzogiorno è Olbia-Tempio con un valore di 23mila euro (al 63esimo posto).
    Brescia si conferma dunque, nonostante la fase di recessione generalizzata, una provincia ricca, che ha saputo fronteggiare la difficile congiuntura con forza. Un' attestatazione che si aggiunge al confronto con i dati delle dichiarazioni dei redditi (Unico e 730) presentate dagli italiani nel 2009 e pubblicati dal Dipartimento delle Finanze nelle scorse settimane (leggi qui) che ha distinto i comuni bresciani in base al reddito.
    Certo, sulla bilancia vanno poi messi i 281 fallimenti dichiarati sul territorio in meno di 12 mesi, che hanno già superato quelli del 2009 (leggi qui), e i dati relativi all’incremento dei pignoramenti che, nel Bresciano, hanno segnato un +25,9% rispetto al 2009 (leggi qui). Come a dire che, se le cose non vanno poi così male in generale, c’è anche chi i morsi della crisi li sente e li saggia ben evidenti sulla sua pelle.

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