Latte al Pcb: la mappa del pericolo

Più informazioni su

Le normali attività agricole sono a rischio nell'hinterland Sud della città.


(red.) La storia recente dell'inquinamento da Pcb e diossine nei terreni a Sud della città, tracciata a grandi linee nell'ultima riunione in Logga (leggi qui), presenta un quadro di pericolo diffuso, che lancia ombre sinistre sul futuro dell'agricoltura da quelle parti. Sicuramente dovà essere esclusa la coltivazione del foraggio, visto che l'erba assorbe gli inquinanti e li trasferisce al latte attraverso le mucche. Ma anche quasi tutti gli altri prodotti della terra dovranno essere banditi. Tranne forse il mais da granella, coltivazione molto diffusa in tutta la pianura padana, che pare impermeabile al Pcb.
Nel 1994, 1996 e 1997 il comune di Brescia ha commissionato all’Asl i primi esami sui terreni dell’hinterland della città e di alcuni comuni confinanti, da San Zeno a Torbole Casaglia. I risultati di allora parlano chiaro: l’inquinamento presentava valori di Pcb e diossine oscillanti tra i 20 ai 200 microgrammi per ogni chilo di terra.
La prima cosa da fare oggi, visto che ci sono quelle analisi di riferimento, sarebbe quindi ripeterle negli stessi punti, per verificare di quanto è proceduto l’inquinamento del terreno derivante dalle diverse fonti: i fumi delle emissioni industriali, l’acqua delle rogge inquinate, gli sversamenti abusivi delle aziende.
Ma gli inquinanti organici persistenti (Pop) rappresentati da Pcb, diossine e furani sono stati trovati nel latte dei bresciani solo perché è cambiata la normativa europea. Dal 31 marzo 2007 è infatti entrata in vigore la legge 1881/2006 che fissa il limite massimo di 6 picogrammi per grammo di grasso equivalente, mentre il limite raccomandato è di 2 picogrammi.
Pensate che cosa ci siamo bevuti prima, visto che il limite precdente era di 100 nanogrammi per grammo di grasso.
In agosto nel latte dell’azienda agricola Motta delle Fornaci sono stati rilevati Pop tra i 2 e i 6 picogrammi, per questo la Centrale del latte di Brescia ha analizzato il prodotto di tutte le 47 stalle conferenti, scoprendo subito tre allevamenti fuori norma: l’istituto Pastori di viale Bornata (il più elevato con 9 picogrammi), le aziende Bettinzoli del Violino e Ancelotti di via Flero. In altre 17 stalle dell’hinterland sono stati trovati livelli di Pop vicini alla soglia di raccomandazione. Il 27 dicembre scorso è poi risultato compromesso anche il latte di due stalle di San Zeno (Civettini e Zubani).
A questo punto, dopo che gli allevatori hanno eliminato dalla dieta delle mucche il foraggio prodotto con l’erba coltivata nei terreni inquinati a sud della città, solo Pastori e Bettinzoli restano temporaneamente fuori norma. Ma le 17 stalle dell’hinterland, sparse tra Borgosatollo, San Zeno, Castelmella e Roncadelle sono sotto osservazione, insieme con due allevamenti situati nel comune di Brescia che conferiscono il latte alla Parmalat e alla Latteria di Soresina.

Più informazioni su

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di QuiBrescia, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.