Acciaierie di Sarezzo: è emergenza

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Contaminazione radioattiva da Cesio 137. Impianto sequestrato e analisi a tappeto.


(red.) E’ una vera e propria emergenza ambientale quella che si è verificata alle Acciaierie Venete (ex Lucchini) di via Antonini a Sarezzo. Lo ha scoperato l’ispezione del Nita (il Nucleo investigativo territoriale ambientale) e dei carabinieri dei Noe, che l’altra sera hanno controllato meticolosamente le emissioni radioattive presenti nell’impianto siderurgico. Ebbene, i contatori geiger, rilevatori di radioattività, hanno segnalato più volte il superamento del limite di 500 bequerel per metro cubo, previsto dal decreto legislativo n.241 del 26 maggio 2000 che stabilisce questa soglia massima per i luoghi di lavoro.
Le tracce di Cesio 137 individuate nelle polveri derivanti dalla fusione dei metalli, segnalavano che nei forni di Sarezzo è stato impiegato materiale contaminato e le indagini lo avrebbero confermato. L’impianto è stato quindi posto sotto sequestro su disposizione del pm Paolo Abbritti: sono stati messi i sigilli a forni fusori, laminatoi e magazzino di stoccaggio. Ora gli investigatori dovranno verificare per quale motivo i sensori d’allarme radiometrici installati all’ingresso dell’azienda, che servono per rilevare l’entrata di metalli pericolosi, non abbiano funzionato.
Ricordiamo che la presenza di scorie radioattive è stata scoperta casualmente quando un camion carico di polveri (residuo della lavorazione) è arrivato da Sarezzo in una discarica della provincia di Bergamo dove doveva avvenire lo stoccaggio. Subito è suonato l’allarme antiradiazioni posto all’ingresso e le verifiche effettuate da Asl, Arpa e carabinieri hanno portato gli inquirenti all’impianto siderurgico valtrumplino (leggi l'articolo precedente).
Le polveri radioattive della Acciaierie Venete sono state trovate ieri anche su un altro camion di scorie che era fermo a Genova al terminal della Grendi Tarros, da cui doveva raggiungere via nave una discarica della società Portovesme, nel Sulcis, in Sardegna. E’ stato richiamato indietro e nel cassone (per fortuna sigillato) c’erano tracce di radioattività.
Ora l’indagine dovrà individuare la provenienza del rottame contaminato che è finito nei forni fusori di Sarezzo. Una delle ipotesi è quella di rifiuti metallici sanitari stoccati illecitamente come rottami normali. Non è infrequente in siderurgia: quando i forni devono lavorare al massimo perché la domanda tira, si rischia di non andare tanto per il sottile nella ricerca dell’indispensabile rottame di ferro e di rivolgersi a fornitori non affidabili.
Tutti i bresciani ricordano i metalli radioattivi scoperti all’Alfa Acciai di San Polo parecchi anni fa: provenivano dall’Est europeo. Ma si ricorda anche un caso analogo alla Capra Metalli di Catelmella. O ancora, sempre negli anni passati, le notizia di rottami radioattivi arrivati nel Bresciano dalla Polonia.
Il problema dei controlli interni assume quindi molta importanza. In questo caso la direzione dell’azienda di Sarezzo ha spiegato che il Cesio 137 era circondato da piombo. Per questo i sensori radiometrici non lo hanno segnalato. Il rilevatore posto all’ingresso e quello all’interno non hanno suonato perché il piombo impediva l’uscita della radioattività. Anche per questo sarebbe stata contaminata solo la zona dell’impianto fumi.
Nel frattempo sono stati decisi controlli sanitari per tutti i 267 lavoratori che occupa l’acciaieria di Sarezzo, per i quali il sindacato chiede la garanzia del salario e la cassa integrazione. Ma si temono ripercussioni anche per il laminatoio aziendale di Mura, che da Sarezzo riceve il semilavorato e occupa 137 dipendenti.
In un secondo tempo le autorità sanitarie dovranno procedere anche all’analisi della zona circostante all’impianto, visto che la popolazione di Sarezzo è piùttosto preoccupata.

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