Quali furono gli eredi dei Templari bresciani? Il mistero rimane

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di Mario Ubiali

Ci siamo lasciati con una serie di domande senza risposta sulla storia della Mansione bresciana dei Templari e sul destino che l'attendeva all'indomani della disputa scoppiata nel 1580 tra il Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta e il Paratico dei Fabbri (leggi la storia). Questo secondo e ultimo episodio dell'intrigante vicenda dei Templari bresciani è costato molta fatica a chi scrive che, per tre settimane, si è aggirato attorno alle alte mura che la storia ha eretto intorno a quel luogo misterioso e dimesso, cercando di far combaciare con dita incerte tutti i pezzi del puzzle. Come il lettore scoprirà, formalmente tutte le tessere del mosaico andranno in breve al loro posto, anche se le risposte più profonde rimarranno, come sempre, in sospeso.

Due secoli di tranquillo governo
La disputa nata nel 1580 intorno al Rettorato della Chiesa di S.Maria della Mansione si svolse in un contesto di profondo conflitto tra il Paratico dei Fabbri e l'Ordine dei Cavalieri di Malta, perché quest'ultimo riteneva di poter accampare legittimi diritti di successione sui beni un tempo gestiti dagli odiati "colleghi" Templari, il cui ordine fu processato e smantellato. Un'acrimonia che si è mantenuta viva sino ai giorni nostri: un Cavaliere di Malta, interpellato da chi scrive, ha risposto: "Noi siamo gli unici Cavalieri sopravvissuti ininterrottamente dai tempi delle Crociate: i Teutonici sono diventati Nazisti, dei Templari ci siamo sbarazzati tempo fa…" In realtà, e questa è una novità interessante, esistono documenti comprovanti una prima disputa che potrebbe essere fatta risalire al 1450, "anno in cui si convenne fra Mario di Lignana Precettore e procuratore dei Cavalieri di Malta ed i Fabbri e fu pacificamente stabilito che il Paratico dei Ferrai potesse officiare la chiesa con alcune assegnate rendite, il resto rimanesse ai cavalieri" (Fe' d'Ostiani). Alla fine del sedicesimo secolo, quelle dispute erano risolte e i possedimenti della Mansione si estendevano dall'inizio dell'attuale Corso Matteotti (verso Piazza Repubblica) sino all'edificio oggi adibito a sala di lettura e comunemente chiamato Cavallerizza. Le terre e i palazzi erano inframmezzati dalla Chiesa dei Santi Nazario e Celso, già presente in forma primitiva a partire dall'anno Mille e in seguito ampliata per raggiungere le forme attuali nel 1752. Nella Chiesa della Mansione nulla era mutato e il più recente cambiamento risaliva al 1512, quando durante il sacco perpetrato da Gastone di Foix (1512), il comandante veneto che difendeva la città, Federico Contarini, era morto combattendo ed era stato sepolto proprio in quella chiesa. Niente sarebbe mutato mentre la città evolveva sino alla tragica notte del 17 agosto 1769, che avrebbe segnato l'inizio del declino della Mansione e dell'oblio che si è prolungato sino ai giorni nostri.

Lo scoppio della polveriera e il ridimensionamento della Chiesa
Anche se abbiamo altre volte diffusamente scritto della tragedia della Polveriera a San Nazaro (leggi la storia), non possiamo non soffermarci ancora sull'impatto profondissimo che quella circostanza del tutto fortuita ebbe sull'evoluzione di tanta parte della città. Si può dire senza tema di smentita che la Mansione bresciana morì proprio in quella notte di fiamme e tempesta. Questo perché risulta evidente da qualsiasi documento venga consultato che la violenta deflagrazione rase al suolo o "ruinò" tutti gli edifici che per quasi 18 secoli erano lentamente cresciuti attorno alla devozione e alla pericolosa pratica del pellegrinaggio. Facciamo due passi in quella zona, imboccando Corso Matteotti da Piazza Repubblica. E' difficile rendersene conto immediatamente, ma dopo appena pochi passi si apre uno slargo, una piazzetta che è alla vostra destra e pare non aver nulla di notevole. C'è però un'aria strana, qui. Le case che costeggiano la Contrada della Mansione, stretto budello che congiunge Corso Martiri della Libertà con Via dei Mille, tagliando trasversalmente il primissimo tratto di Corso Matteotti, sono in pessimo stato, diroccate, cadenti. Sono tristi, perse e quasi dimenticate dal corso del tempo. E' certo un'impressione romantica, ma non si può fare a meno di pensare che nessuno vi abbia posto mano dopo il fulmine della notte di Sant'Elena. Sul lato occidentale della piazzetta sorge un edificio di forma regolare, a pianta rettangolare e con una facciata neoclassica d'un bel giallo, sovrastata da un timpano che richiama vagamente un antico tetto a capanna. Ha finestre su due piani e intonaci non più vecchi di 10 anni, ma la porta piccola e centrale nella facciata principale, insieme alla posizione in qualche modo prominente nell'isolato, attira l'attenzione. State guardando la Chiesa di S.Maria del Tempio o della Mansione. Non ne resta nulla al di fuori di quelle mura, che vennero faticosamente ricostruite, in scala ridotta rispetto all'originale, dai Cavalieri di Malta dopo il 1769. Sino ad allora essa aveva conservato le splendide forme medievali e le belle pale votive, tra le quali quella spesso citata dagli storici e raffigurante la Madonna e SS. Eligio e Battista, il primo dei quali, non a caso, considerato protettore dei Fabbri. Ma per motivi probabilmente economici la sola chiesa ridimensionata parve bastare, a dispetto di una tradizione che avrebbe meritato un'importante ricostruzione. Quindi tutti gli altri antichi edifici furono lasciati in uno stato di abbandono, presidio sguarnito dopo secoli di armata veglia, facile preda della rivoluzione che in meno di trent'anni li avrebbe travolti varcando le Alpi.

La profanazione della Mansione, l'oblio della storia
Le armate feroci e disordinate del ventisettenne Napoleone Bonaparte arrivarono a Brescia nel 1797, accolte a braccia aperte dai giovani giacobini bresciani, tutti infiammati dal desiderio di coglier l'occasione per liberarsi del fastidioso giogo veneto. Ma intanto l'ondata rivoluzionaria doveva fare le sue più illustri vittime e mentre in molti splendidi edifici religiosi bresciani si allestivano stalle, caserme, infermerie o, peggio ancora, depositi di sale (così furono distrutti, come vi abbiano già raccontato, gli affreschi del convento di Santa Caterina), l'intera mansio, già barcollante, venne indemaniata e furono soppressi il giurispatronato e la commenda che tanto avevan fatto litigare Malta e i Fabbri. Così iniziò anche la frammentazione di quel corpus, venduto in momenti successivi a compratori ansiosi di farne qualche cosa di nuovo. Nel 1820, Stefano Cimaschi comprò dal demanio metà della casa (l'antico Ospitale) e la chiesa profanata, utilizzandoli come comuni edifici d'abitazione e mestiere. L'altra metà dell'Ospizio era stata nel 1804 in qualche modo restituita alla cristianità, donandola al curato di S.Nazaro come compenso per la terra che la Rivoluzione gli aveva sottratto. La casa del Commendatore era intanto divenuta uno stallo, detto della Mansione. Nel 1874 la chiesa era una sala di spettacolo (il Nuovo Teatro Arnoldi) che presto si trasformò in un'officina di maniscalco, seguendo un oscuro destino prefigurato dalla transizione tra i Templari e i Fabbri. Mentre la barbarie deturpava dunque l'edificio sacro, un albergo (Rigamonti) e una stazione di carrettiere sorgevano nell'antico quartiere, moderne trasformazioni del più antico sito ospitale. All'inizio del secolo l'albergo avrebbe chiuso i battenti e il carrettiere sarebbe divenuto stazione di autolinee per la Bassa, per poi scomparire a sua volta.

Il presente e le domande senza risposta
Ecco dunque quale triste destino attendeva il nobile quartiere dell'ospitalità dei cavalieri bresciani, prima Templari e poi di Malta. Le fiamme e la Rivoluzione ci hanno lasciato un insignificante edificio civile, il nome d'un ristorante e una croce templare che fa mostra di sé proprio accanto alla Sala Cavallerizza. Andarci di sera, in un tranquillo giorno non funestato dalla Mille Miglia o dallo shopping, significa ritrovarsi avvolti in un manto di malinconia, con la bruciante sensazione che caratterizza l'inesorabile e involontaria ingiustizia della Storia. Come potremo saperne di più? Ci sono altre tracce di quel nobile passato celate alla vista ma custodite in antiche dimore? L'Ordine del Tempio si è fermato a vaghe considerazioni e a tutt'oggi non abbiamo avuto risposte sul rapporto "esoterico" che lo avrebbe legato al Paratico dei Fabbri. L'Ordine, comunque, ha inviato a chi scrive un messaggio nel quale si dice: "stiamo facendo ricerche proprio nella zona di Santa Maria del Tempio, dove sospettiamo che ci siano le rovine, ormai seppellite, dell'ospizio dei pellegrini gestito dai Templari e del loro posto di guardia". I Cavalieri di Malta, che tanto ruolo ebbero nella transizione della Mansio sino al diciottesimo secolo, interrogati, hanno rimandato alla pubblicazione dell'ultimo volume dell'enciclopedia bresciana, nella quale troveremo alla voce Smom (Sovrano Militare Ordine di Malta) tutto quanto riguarda la loro presenza in terra bresciana. Un modo elegante di procrastinare, senza dare risposta sull'effettivo rapporto che li lega allo scomparso Ordo Templii. Per ciò che, invece, questa affannosa e frammentaria ricerca non ha saputo portare alla luce, il mistero è tale che c'è ancora molto da scrivere. Forse la potenza del web porterà sulla nostra scrivania segnalazioni dei lettori di vario rango; dritte utili a riprendere – da qualche parte nella città assonnata – la pista persa e magari raccontare tra qualche settimana ancora un episodio dell'intrigante saga dei Templari bresciani.

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