I Templari a Brescia: un giallo di 700 anni fa

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di Mario Ubiali

All'alba del 18 agosto 1769, un fulmine colpì la torre polveriera di Porta di San Nazaro, radendo al suolo o danneggiando gravemente nel raggio di 400 metri tutti gli edifici del quartiere cittadino adiacente. Vi abbiamo già raccontato quella dolorosa storia (vai alla pagina), ma vorremmo riprendere la narrazione proprio dalla desolata alba di fine estate che sconvolse la città. Aggiriamoci dunque tra le decine di edifici distrutti o percossi dalla violenta deflagrazione, l'odore acre del fumo e la luce giallastra degli incendi a far da sfondo. Riconosciamo il 'ruinato' cantiere della nuova chiesa dei Santi Nazaro e Celso e il grandioso palazzo Fé d'Ostiani, salvato da un muro particolarmente robusto che lo sorregge a meridione. Nelle immediate vicinanze della Porta devastata, pochi metri dopo l'inizio dell'attuale Corso Matteotti, sorge dalle macerie il fantasma di una chiesa di notevoli dimensioni, antistante una piccola piazza. Quelle quattro mura annerite dalla polvere da sparo sono il triste monumento al ricordo di un gruppo di cavalieri assurti a mito; misteriosi, eroici, controversi: i Cavalieri Templari. Che cosa ci fa nella Brescia del XVIII secolo una chiesa intitolata a S.Maria del Tempio, detta anche dei Templari e dopo il 1312 "della Mansione"? Per scoprirlo è necessario intraprendere un tortuoso percorso inverso alle origini della città moderna, attraverso uno dei misteri più affascinanti della storia cristiana e le vicende di un'antichissima tradizione, quella del pellegrinaggio verso la Terra Santa. Per la precisione, il magico marchingegno della fantasia deve poterci riportare nella Brescia medievale del XII secolo dopo Cristo.

San Nazaro, tappa dei pellegrini
E' il 1150: entro cinque anni Arnaldo sarà impiccato ed arso in Roma. L'eco dei suoi sermoni scavalca facilmente le mura cittadine e, come una lenta inondazione, passa sulle fucine e sui mulini di S.Agata, dilagando fino a San Nazaro. E' questo un borgo placido (l'attuale zona di Corso Matteotti) che da tempi immemori rappresenta la stazione di sosta prediletta dai viandanti sull'asse Milano-Venezia. Qui scorre placida la 'rotha' (roggia) detta Dragone (o Dracone), mentre gli animali si aggirano tranquilli nelle terre 'a vegher', cioè destinate specificatamente al pascolo. Dai tempi degli operosi romani e della loro Brixia, qui sorge un complesso (mansio) adatto a controllare la sicurezza della strada ed ospitare i viaggiatori e le loro cavalcature. Nel dodicesimo secolo dopo Cristo, in quel suburbo extra moenia, il più antico lastricato romano è divenuto la grande via di comunicazione che collega Bordeaux, Milano, Aquileia, Bisanzio e Gerusalemme. Un vaso pulsante e vivo che trasporta la linfa di un'epoca di fermento: cavalieri e pellegrini diretti in Terra Santa. Nel 1128 Bernardo di Chiaravalle, grande padre del monachesimo medievale, aveva imposto al concilio di Troyes il riconoscimento di un Ordine fondato pochi anni prima da Ugo de' Pagani, conosciuto anche come Ugo de Payns, e dedicato esclusivamente proprio alla protezione dei pii viandanti diretti alla Città Santa: l'Ordine dei Poveri Cavalieri del Tempio di Salomone, meglio conosciuto come Ordo Templi, così detto perché alloggiato da Re Baldovino presso il Tempio di Salomone in Gerusalemme.

I misteriosi cavalieri del Tempio
Interi tomi potrebbero essere scritti su ciò che i Templari scoprirono (o non scoprirono) negli anni della loro permanenza gerosolimitana. Il Santo Graal? L'arca perduta dell'alleanza, che si credeva saccheggiata dalle legioni di Tito? Oppure un segreto ben più inimmaginabile e sconvolgente, che molti secoli dopo avrebbe ancora aleggiato come un'ombra sull'intera storia occidentale animando i movimenti esoterici europei dal Settecento a oggi, arrivando al famigerato Priorato di Sion? Torneremo in seguito su questo argomento, ma per il momento ci limiteremo a constatare come meno di trent'anni dopo la fondazione dell'Ordine, i Templari si fossero già saldamente stabiliti anche a Brescia. Avevano preso possesso proprio dell'antica Mansio romana, sopravvissuta anche in epoca longobarda per i pagani delle corti suburbane. A quel tempo l'intera Mansione consisteva di un Ospitale (o Ospizio) dove cavalieri e pellegrini potevano rifocillarsi, e poi stalle, officine e una chiesa intitolata a Santa Maria. Proprio nelle officine i cavalli erano affidati alle cure dell'efficiente Paratico dei Fabbri Ferrai, già celebri in terra bresciana. I Templari non si limitavano però a ospitare pellegrini e officiare funzioni religiose, ma contribuivano attivamente a mantenere l'ordine in un territorio infestato da banditi e briganti, come testimonia una donazione all'Ordine datata 1239 ed esplicitamente effettuata per rafforzare la sorveglianza del territorio.

La fine tragica dei Templari
Dunque i cavalieri esercitavano nelle chiusure bresciane il potere conferito loro da Papa Innocenzo II: quello di amministrare con devozione i possedimenti materiali destinati a sostenere la difficile impresa del pellegrino. Del resto il loro motto recitava "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam" (Non a noi, non a noi, o Dio, ma al tuo nome dona la gloria). Certo la notevole ricchezza accumulata in meno di mezzo secolo pareva contraddire quella nobile dichiarazione d'intenti, ma tutto si poteva contestare ai Templari fuorché la loro assoluta efficienza. Essi amministravano la Mansio bresciana grazie ad una rigida distinzione tra il potere del Precettore, frate-cavaliere laico, dedito all'amministrazione dei possedimenti e della forza militare, e il Rettore, sacerdote incaricato dell'amministrazione del culto nella chiesa dedicata a Maria. Il connubio funzionò perfettamente durante i due secoli di vita dell'Ordine Templare, tanto che si guadagnò la deferenza del popolo e in particolare di quei Fabbri che fedelmente servivano i potenti cavalieri, ferrando cavalli e sistemando i carri, come pure aiutandoli nelle faccende relative alla manutenzione della Mansio.
Con il tempo, anche gli abili artigiani diventarono qualcosa di più: un ordine rispettato, una corporazione a ranghi ben serrati e con una politica cittadina di alto profilo. Insomma cominciarono ad assomigliare all'Ordo Templi.
Ma come arrivò la repentina fine di quest'ultimo? E che cosa successe allora alla Mansio e ai Fabbri della nostra città? Nel 1312, in Francia, un processo discusso e senza precedenti nella storia cristiana spazzò via l'Ordine del Tempio, accusato di stregoneria, pratiche esoteriche e molto altro. Fu un processo "politico", ma il destino dei troppo potenti Cavalieri era già stato deciso e Jacques de Molay, Gran Precettore dell'Ordine, venne trascinato al rogo sull'Isle Saint Louis, nel cuore di Parigi. Il Gran Maestro non spirò senza prima aver invocato la morte del Papa e del crudele Re di Francia, che si dice desiderasse ardentemente impadronirsi delle immense ricchezze dell'Ordine. "Entro l'anno", gridò. Ed entro l'anno i due erano morti. In tutta la cristianità i Templari scomparvero, almeno sulla carta, e i loro beni furono smembrati. La Mansio Templi bresciana fu allora spaccata a metà: il Rettorato ed il giuspatronato della chiesa passarono di diritto nelle mani dei Fabbri Ferrai, mentre l'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, detto anche di Malta, ebbe la proprietà della Mansione, cioè del complesso dell'Ospitale e dei fondi ad esso connessi. Perché la Chiesa Templare passò naturalmente nelle mani del Paratico dei Fabbri?

La donazionedi Ugone e Alda: un legame misterioso?
Per scoprirlo, dobbiamo attendere altri due secoli e mezzo. Nel 1580, il Commendatore dell'Ordine di Malta, nobile Ferrante Averoldi, decise che quella Mansio di così nobili origini dovesse essere totalmente sotto il suo controllo. Inquieto, ambizioso, dedito a un uso strettamente 'privato' dei beni della Mansione (del resto ormai spogliata della sua caritatevole funzione), il nobile Averoldi intentò immediatamente causa al Paratico dei Fabbri, affinché il sacerdote Daniele Luzzago, Rettore della Chiesa di S.Maria, gli cedesse tutti i propri diritti. Ed ecco che costui rispose a quelle pretese mostrando un documento singolare e per certi versi molto significativo. Si trattava dell'importante lascito testamentario di Ugone ed Alda, membri della corporazione dei Fabbri, che nel 1150 avevano risollevato le sorti di una Mansio fortemente bisognosa di nuova linfa economica con ventotto biolche di terra e seicento lire milanesi. Nello straordinario documento, che unico in Italia testimonia il profondo legame stabilitosi da quei due gruppi apparentemente assai eterogenei, i due coniugi chiedevano esplicitamente che qualora i Templari fossero scomparsi, il Rettorato di S.Maria passasse al Paratico dei Fabbri. Dunque un rapporto di continuità, presso la Mansio, tra i monaci cavalieri e gli artigiani bresciani.
Si trattò di un logico passaggio di consegne tra gruppi che per secoli avevano vissuto gomito a gomito o piuttosto della manifestazione di un profondo legame di continuità tra la tradizione esoterica templare e quella legata ai Paratici e quindi alla Massoneria? L'Archivio Storico dell'Ordine del Tempio sostiene come dato certo che nel 1263 il Precettore della Mansio bresciana fosse Fratello Ermanno, all'epoca anche Gran Precettore d'Italia, cioè la massima carica templare in Italia nel periodo di massimo splendore dell'Ordine. C'è una relazione tra quella presenza tanto importante e il presunto 'passaggio' di consegne con il Paratico dei Fabbri? Che ruolo ebbe l'Ordine dei Cavalieri di Malta in quella delicata fase di transizione? Ma soprattutto: perché oggi non resta nulla della Mansio Templi Brixiana se non un insignificante edificio anonimo e una croce Tau seminascosta? Che cosa accadde tra quella furibonda disputa del 1580 e i nostri tempi? Che parte è riservata nella vicenda al bagaglio di conoscenze esoteriche disperso dalla tragica fine dei Templari?
La prossima settimana conosceremo più da vicino i Cavalieri di Malta bresciani, scopriremo chi davvero decretò la fine della nobile e caritatevole ospitalità della Mansione bresciana e testimonieremo quanto sia ancora vivo l'interesse templare intorno a quel luogo.

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